EDITORIALE: IL FUOCO DI PROMETEO

Durante il percorso che ha portato Metro-Polis ad inaugurare un nuovo triennio associativo, abbiamo riservato un intero incontro alla riflessone sulla nostra associazione: un’autoriflessività critica, capace di cogliere potenzialità e limiti del passato, una fotografia del presente, un momento propositivo nei confronti del futuro. Tra le proposte operative inerenti le iniziative future, è stata accolta con particolare entusiasmo quella relativa alla possibilità di organizzare un Aperitivo a Tema sulla scienza e su come questa interagisca con la nostra quotidianità.
Un secondo dato rilevante, in questo senso, è emerso durante la Festa di tesseramento di gennaio 2017. Abbiamo sottoposto a socie e soci un breve questionario con alcune proposte tematiche per organizzare piccoli corsi: dei Percorsi «capaci di aprirsi alle modalità della nostra vita associativa, […] dalla struttura fluida, in cui l’orizzontalità dialogica rimanga la stella polare del nostro agire, proprio come avviene in occasione degli Aperitivi a Tema. Abbiamo deciso di chiamarli Percorsi proprio per restituire l’idea di vere e proprie passeggiate nelle diverse dimensioni del sapere, con l’obiettivo di incuriosire e di arricchire»1. Sorprendentemente, ma non senza piacere, la proposta tematica a ricevere più consensi è stata quella provvisoriamente intitolata «Scienza per non scienziati».
Risulta quindi evidente, nel leggere questi dati in prospettiva, una vera e propria richiesta di approfondimento scientifico, l’esigenza di fare chiarezza, di capire come stanno le cose, quali sono le certezze e quali le sfumature possibili. Metro-Polis ha dunque deciso di fare propria questa richiesta, organizzando l’Aperitivo a Tema «Scienza: verità, bugie e cultura».

«Mia madre ha fatto di me uno scienziato senza volerlo. Ogni altra madre a Brooklyn avrebbe chiesto al suo bambino dopo la scuola, “Hai imparato qualcosa oggi?”. Ma non mia madre. “Izzy”, diceva, “hai fatto una buona domanda oggi?”. Tale differenza – fare buone domande – mi ha fatto diventare uno scienziato»2: è con la citazione di Isidor Isaac Rabi3 che si apre l’articolo Aperitivo a Tema – Scienza: verità, bugie e cultura  scritto per l’occasione da Martina ZappaterraResponsabile scientifica di Metro-Polis. Le domande che ci hanno interrogato, durante l’Aperitivo a Tema del 19 febbraio 2017, sono state allo stesso tempo ampie e specifiche: quale ruolo ha la scienza, oggi, nella nostra società? Quali rapporti intrattiene con l’informazione e con i grandi centri di potere politico ed economico? Quali le ripercussioni nella vita di tutti i giorni?
Si è così articolato un incontro ricco e partecipato, in cui la discussione in merito a temi pregnanti, come quelli inerenti a vaccini e OGM, ha favorito un confronto ampio e stimolante tra gli avventori. L’intervento di Martina, ricco di suggestioni e non privo di sane provocazioni intellettuali, ha posto l’accento su due fattori rilevanti nell’approccio a tematiche di questo tipo. Innanzitutto l’impossibilità del non fare scienza, costantemente, nell’esercizio quotidiano delle nostre vite: il più delle volte inconsapevolmente, siamo perennemente immersi all’interno di pratiche scientifiche. Naturalmente le nostre sono azioni rozze, prive di strumenti precisi e senza un consapevole orizzonte teorico sullo sfondo, eppure possono configurarsi sempre come interventi nella natura e sulla natura. È, questa, un’eredità di pratiche che sono andate raffinandosi nel corso della storia, partiche che, con un’immagine non priva di eccentricità, potremmo dire riconducano dagli innesti floreali che agiamo nei vasi sui nostri balconi fino alle gradi migrazioni dei primi ominidi. Il fascino di questa bizzarra filogenesi meriterebbe un luogo precipuo di commento e discussione. In secondo luogo, ci si è concentrati sullo stretto e spesso ambiguo rapporto tra scienza, potere e mezzi d’informazione, sottolineando come queste tre realtà non siano indipendenti ma, al contrario, sempre storicamente contestualizzate all’interno di una forte sfera di influenze reciproche. È qui interessante sottolineare come la scienza, che dovrebbe essere l’elemento forte di questa triade, sia invece recepita e impiegata strumentalmente dagli altri attori in gioco. Da un lato, questo è un fattore inevitabile, perché lo studio e la pratica scientifica si danno sempre come storicamente determinati, quindi inevitabilmente legati a scelte private o pubbliche, a interessi economici e a esigenze politico-amministrative. Dall’altro, tuttavia, occorre emanciparsi da una visione ingenua del mondo per poter usufruire dei dati scientifici nel modo più consapevole possibile.

Sono stati ospiti di questa serata Michele di Foggia, presidente regionale di Fidas A.D.V.S.4, e Micol Santi, volontaria dell’associazione. I loro interventi, precisi e appassionati, ci hanno introdotto al mondo della donazione del sangue, alle peculiarità italiane di tale pratica e all’importante ricaduta sociosanitaria di questa specifica tipologia di dono. Quella del sangue, nel nostro paese, deve essere un’offerta volontaria, gratuita e anonima: non è possibile, infatti, donare sangue in cambio di un compenso economico come, invece, avviene in altri paesi europei. Un dato particolarmente importante anche alla luce di un fatto all’apparenza semplice ma non scontato: l’unico modo per rendere possibile una trasfusione è proprio la donazione, in quanto il sangue non si fabbrica artificialmente. Risulta quindi evidente che l’atto del dono si configura come un vero e proprio dovere civico, un’istanza che dovrebbe interrogare tutte e tutti noi. Favorire e partecipare alla donazione del sangue significa mettersi al servizio dell’altro, riconoscerne l’anonima dignità e praticare in maniera concreta e profonda il valore della solidarietà.
Anche in questo caso si è esplorato il rapporto tra donazione del sangue e mass media, individuando alcuni punti cruciali che è bene mettere in luce attraverso un esempio specifico. Durante il verificarsi delle recenti calamità naturali, si è spesso assistito all’invito reiterato alla donazione del sangue da parte di diversi media; lodevole negli intenti ma dannoso nella pratica. I componenti del sangue, infatti, hanno una durata di conservazione limitata nel tempo e ben definita5, una durata che non permette loro di coprire eventi di questo tipo in maniera ponderata e sistematica.  Non solo, quella del sangue è una domanda a flusso continuo gestita in maniera razionale e funzionale dai centri trasfusionali; questo significa che un’alta concentrazione di donazioni in un determinato periodo provocherà una contrazione delle donazioni nell’immediato futuro, ostacolando così la necessità di avere un flusso continuo e costante di sangue da poter impiegare. In casi come questi, quindi, è meglio rivolgersi direttamente alle volontarie e ai volontari della propria associazione di riferimento, al fine di farsi consigliare nel migliore dei modi.

La serata si è conclusa con un intervento di Rosalba Granata  interamente dedicato al rapporto tra scienza e letteratura: abbiamo così ampliato l’orizzonte, allargato il respiro e guardato in profondità. Una profondità che è diacronica: viaggiando nel tempo, è stato possibile legare Calvino a Galilei, concludendo con Brecht. Ma anche una profondità sincronica: la scienza, in quella vasta polisemia che ne costituisce l’identità, è a tutti gli effetti parte integrante della nostra cultura, ne va quindi recuperata la centralità, il fascino e la complessità. Si è voluto gettare un ponte tra la sfera umanistica e quella scientifica, nella speranza di recuperare un dialogo costante, anche all’interno di Metro-Polis, tra due istanze che erroneamente vengono percepite come separate. Le Cosmicomiche, infatti, risentono dell’influenza delle letture scientifiche che Calvino compie in quegli anni. Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo è opera seminale per l’attuale metodo scientifico: non un trattato bensì un dialogo, che Galilei scrive in volgare sottraendo così la scienza all’oligarchia dei dotti, con l’intento di allenare le menti all’esercizio del pensiero. Vita di Galileo, infine, condensa tutte le istanze fin qui trattate, e si fa parabola brechtiana per eccellenza sul ruolo e sulla responsabilità dello scienziato. Leggiamo, nel monologo finale, le parole che Brecht fa pronunciare a Galileo:

« […] Nel tempo che ho libero – e ne ho, di tempo libero – mi è avvenuto di rimeditare il mio caso e di domandarmi come sarà giudicato da quel mondo della scienza al quale non credo più di appartenere. Anche un venditore di lana, per quanto abile sia ad acquistarla a buon prezzo per poi rivenderla cara, deve preoccuparsi che il commercio della lana possa svolgersi liberamente. Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio. Essa tratta il sapere, che è un prodotto del dubbio; e col procacciare sapere a tutti su ogni cosa, tende a destare il dubbio in tutti. Ora, la gran parte della popolazione è tenuta dai suoi sovrani, dai suoi proprietari di terra, dai suoi preti, in una nebbia madreperlacea di superstizioni e di antiche sentenze, che occulta gli intrighi di costoro. Antica come le rocce è la condizione dei più, e dall’alto dei pulpiti e delle cattedre si suole dipingerla come altrettanto imperitura. Ma la nostra nuova arte del dubbio appassionò il gran pubblico, che corse a strapparci di mano il telescopio per puntarlo sui suoi aguzzini. Cotesti uomini egoisti e prepotenti, avidi predatori a proprio vantaggio dei frutti della scienza, si avvidero subito che un freddo occhio scientifico si era posato su una miseria millenaria quanto artificiale, una miseria che chiaramente poteva essere eliminata con l’eliminare loro stessi; e allora sommersero noi sotto un profluvio di minacce e di corruzioni, tale da travolgere gli spiriti deboli. Ma possiamo noi ripudiare la massa e conservarci ugualmente uomini di scienza? I moti dei corpi celesti ci sono divenuti più chiari; ma i moti dei potenti restano pur sempre imperscrutabili ai popoli. E se la battaglia per la misurabilità dei cieli è stata vinta dal dubbio, la battaglia della massaia romana per il latte sarà sempre perduta dalla credulità. Con tutt’e due queste battaglie, Andrea, ha a che fare la scienza. Finché l’umanità continuerà a brancolare nella sua nebbia millenaria di superstizioni e di venerande sentenze, finché sarà troppo ignorante per sviluppare le sue proprie energie, non sarà nemmeno capace di sviluppare le energie della natura che le vengono svelate. Che scopo si prefigge il vostro lavoro? Io credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l’uomo. E quando, coll’andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall’umanità. Tra voi e l’umanità può scavarsi un abisso così grande, che ad ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale»6.

Ecco che, questo Aperitivo a Tema, non è che l’atto iniziale di un cammino tutto da esplorare, di un metodo fecondo, ricco di suggestioni da cui farsi sedurre. Un piccolo esperimento che ci consente di guardare con occhi belli quello che sarà domani e quello che insieme potremo ancora sperimentare.

Mattia Macchiavelli

Fotografie a cura di Filippo Costa
Riprese a cura di Vincenzo Comitogianni
Montaggio a cura di Laura Comitogianni

NOTE

  1. M.Macchiavelli, Editoriale: Il nome che cambia il mondo, Bologna, 2017
  2. M.Zappaterra, Aperitivo a Tema – Scienza: verità, bugie e cultura, Bologna, 2017
  3. Per maggiori informazioni sulle vicende biografiche e professionali di Isidor Isaac Rabi si rimanda al sito: https://en.wikipedia.org/wiki/Isidor_Isaac_Rabi
  4. Per maggiori informazioni sull’associazione Fidas A.D.V.S si rimanda al sito: http://www.fidas-advs-bologna.org/
  5. I concentrati di piastrine si conservano per un massimo di 5 giorni; i globuli rossi si conservano per un massimo di 49 giorni; il plasma, infine, viene congelato e, se conservato costantemente a una temperatura di -30 gradi C, può essere impiegato fino a due anni. Informazioni ricavate dal sito: http://bologna.avisemiliaromagna.it/
  6. B.Brecht, Vita di Galileo, Torino, Einaudi, 1955, pp 124-126

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