Una ricognizione in vista delle elezioni comunali
di Gianluca Guerra
Domenica 3 e lunedì 4 ottobre circa 1200 comuni andranno al voto per il rinnovo del Sindaco, del Consiglio Comunale e dei consigli di Quartiere e Municipi.
Bologna, con Napoli, Roma, Milano e Torino, sarà una delle grandi città sotto i riflettori per questa corsa elettorale amministrativa che ha assunto sempre di più un carattere nazionale: dall’esito del voto usciranno rafforzati o logorati gli equilibri romani su cui si regge il governo di ampia coalizione di Mario Draghi.
Tra nuove alleanze, primarie al vetriolo, vecchi intrecci rivitalizzati, esclusioni importanti e una tensione palpabile, questa consultazione sembra più simile a una stagione del Trono di Spade che a una competizione che dovrebbe disegnare il futuro di migliaia di città e comuni del paese.
Queste elezioni sono le prime che seguo davvero da vicino, con un coinvolgimento emotivo e fisico che ho riscontrato in poche altre attività nel corso della mia vita. Ho seguito primarie, contrattazioni, letto giornali e incontrato persone ogni singolo giorno dell’ultimo anno e mezzo. Anche perché quel coinvolgimento che ho citato mi ha portato a candidarmi.
Questo ha sicuramente influenzato la mia visione dello scenario elettorale bolognese che cercherò di ricostruire con questo articolo.
LE TEMPISTICHE
Iniziamo da un dato su tutti: le tempistiche.
Come ben sapete la pandemia di covid-19 ha bloccato il paese intero per oltre un anno. La data delle elezioni, che inizialmente era prevista per maggio 2021, è poi lentamente slittata a ottobre per permettere il voto in una situazione di maggior sicurezza dovuta all’importante campagna vaccinale portata avanti negli scorsi mesi.
Poco male direte, anzi meglio. Ecco, sarei d’accordo con voi se non fosse per un piccolo dettaglio: per presentare una lista elettorale è necessario un lungo e faticoso lavoro burocratico che, complice il mese di agosto, è diventato un calvario per moltз(1) attivistз.
Nonostante ciò però, i numeri della partecipazione sono simili a quelli di 5 anni fa: ben 19 liste per 8 candidatǝ sindache e sindaci.
LE FIGURE CIVICHE
Un altro dato interessante è il ruolo delle figure civiche.
Sull’onda della mobilitazione delle sardine alle elezioni regionali, la ricerca di persone non appartenenti ai partiti ma attive nella vita della città è diventata un leit motif di questa tornata elettorale. Certo non si può negare che le elezioni locali siano da sempre state attraversate da membri della società civile senza tessera di partito, specialmente a Bologna dove il capitale sociale è così vivo e intenso. Tuttavia la sensazione da addetto ai lavori è che le candidature civiche abbiano assunto un ruolo cruciale nella composizione della maggior parte delle liste, comprese quelle dei grandi partiti mainstream che normalmente puntano sulla mobilitazione interna dei propri iscritti. Questo è sintomo, di due fenomeni distinti ma legati: il primo è la sempre più evidente perdita di appeal da parte dei partiti tradizionali. Lo spettacolo poco edificante offerto dalle primarie di coalizione di centro-sinistra, ne è un esempio plateale. Questa perdita di legittimità porta con sé un ovvio e necessario cambio del paradigma rappresentativo che può essere riassunto nel brocardo: non mi sento rappresentatǝ, quindi mi rappresento da solǝ.
Il secondo punto, che deriva strettamente dal primo, è la spinta partecipativa sempre più importante che ha caratterizzato la cittadinanza negli ultimi anni.
Ne sono esempi lampanti i due referendum per cui si stanno raccogliendo firme in questi mesi estivi: quello sull’eutanasia legale veleggia verso il milione di firme raccolte, mentre quello sulla cannabis legale ha già quasi raggiunto l’obiettivo delle 500.000 firme in meno di una settimana.
Lǝ cittadinǝ cercano sempre più spazio per partecipare alla vita pubblica e non essere più spettatrici o spettatori della politica di palazzo.
Che il futuro della rappresentanza sia già qui? Difficile dirlo.
Andiamo quindi all’analisi delle forze in gioco per la corsa a Palazzo d’Accursio.
LE COALIZIONI
Come in ogni competizione elettorale che si rispetti non può mancare il dualismo Centro-destra contro Centro-sinistra.
Dopo un round serrato di elezioni interne, il candidato per la coalizione di centro-sinistra è il delfino di Merola, Matteo Lepore, il re della corte di «semplici bastardi» auspicata dal sindaco uscente. Classe 1980, Lepore è attualmente assessore allo sport e alla cultura, dopo aver ricoperto, nel mandato precedente, il difficile ruolo di assessore all’economia e turismo.
Erede designato, ha dovuto lottare non poco per affermare la sua leadership, riconosciuta come divisiva anche da molte personalità del Partito Democratico che ora siedono al suo fianco.
Dato a oggi come vincitore quasi certo e quasi certamente al primo turno, gli vanno riconosciute due qualità: capacità strategica e perseveranza.
Certo per essere sopravvissuto per 22 anni nel Partito Democratico bolognese e avere fatto carriera bisogna avere spalle larghe e una mente lucida e vigile, ma non mi sento di esagerare quando dico che la candidatura a sindaco di Matteo Lepore è frutto di una lotta tutt’altro che scontata e che incrocia il livello locale con quello nazionale. Non solo i nomi noti, da Aitini a Lombardo a Conti, ma un intero substrato profondo del partito non lo riteneva adatto a rappresentare le istanze del centro-sinistra.
Incapace di cedere terreno, Matteo Lepore ingaggia una braccio di ferro senza esclusione di colpi con i quadri del PD, fino al momento delle dimissioni di Zingaretti dalla Segreteria Nazionale e l’approdo di Enrico Letta, che fa fronte comune con il Presidente di regione Bonaccini e rimette in ordine i ranghi del partito. Il resto è storia: Isabella Conti si candida come alternativa, si fanno primarie di coalizione svolte nei circoli PD, si impone la narrativa Renzi contro Lepore, Italia Viva contro PD, destra contro sinistra. Matteo Lepore incassa l’accordo con Coalizione Civica e una vittoria schiacciante con la promessa di rimandare l’approvazione del fantomatico «passante green» mai messo in discussione e di creare una coalizione partecipata, dove il noi regna al posto dell’io e con lo sguardo volto a sinistra.
Di questa coalizione oggi fanno parte 7 liste: Il Partito Democratico, la lista civica Matteo Lepore sindaco, Il movimento 5 stelle 2050, la lista Anche tu Conti, Coalizione civica per Bologna coraggiosa ecologista e solidale, la lista Psi-Volt e Europa Verde.
La compagine di centro-sinistra si compone quindi su uno schema simile a quello che a gennaio 2020 ha permesso la rielezione di Stefano Bonaccini alla Presidenza della Regione.
Del Partito Democratico c’è poco da dire. Difficile prevedere un risultato, da cui peraltro dipenderà buona parte della composizione del Consiglio Comunale.
Menzione speciale merita invece Coalizione Civica, che tenta di passare dal banco dell’opposizione a quello della maggioranza sulle basi di un progetto per il governo della città: la lista che fa capo a Emily Clancy ha manifestato più volte la volontà di attirare a sé buona parte della sinistra bolognese, così da spostare il peso della coalizione lontano dal centro. Per fare questo ha creato una rete politica con varie realtà del territorio, da Possibile e Sinistra Italiana a Salvaciclisti, passando per un accordo complesso con Emilia-Romagna coraggiosa, ecologista e solidale, la creatura politica di Elly Schlein e Igor Taruffi. Se la forza propulsiva del progetto comune riuscirà a essere più forte dei conflitti interni e delle critiche per aver abbandonato la via della protesta per quella dell’accordo, si prospetta un risultato sicuramente positivo.
La lista civica Matteo Lepore sindaco è composta esclusivamente da candidature civiche selezionate personalmente da Lepore e dal suo team tramite una call to action. Cooptati nel ruolo di capolistǝ Roberto Grandi, braccio destro di Lepore e Presidente dell’Istituzione Bologna Musei, e Teresa Lolipato.
La lista Anche tu Conti è un progetto che mira a raccogliere i frutti del lavoro condotto dalla sindaca di San Lazzaro durante le primarie.
Con un tesoretto di voti nominale di un certo peso, sarà interessante capire se Isabella Conti riuscirà nell’impresa di avere una influenza, seppur minima, sulla città.
La lista Movimento 5 stelle 2050 è figlia del governo giallo-rosso e di una alleanza ormai rodata tra il PD di Letta e il M5S di Conte, più volte ospite della città e accolto come uno statista di altri tempi.
La lista PSI-VOLT è un esperimento fuori dagli schemi: il partito più antico e il partito più giovane d’Europa si uniscono per cercare di portare una voce laica, europea e pragmatica facendo leva su un programma che mette al centro la sostenibilità a 360 gradi.
Europa Verde, rinvigorita dopo il rinnovo delle cariche nazionali di qualche settimana fa, cerca il bis dopo l’elezione riuscita per il rotto della cuffia alle regionali.
A destra è tutto più facile, ma non meno confuso.
Per mesi Salvini, Meloni e Berlusconi hanno discusso a Roma degli equilibri bolognesi senza trovare una quadra sostenibile. Vari nomi si sono susseguiti sui giornali, ma alla fine la scelta è ricaduta su Fabio Battistini, l’imprenditore 65enne che ha incassato il sostegno di Fratelli d’Italia, Bologna ci piace, Popolo della Famiglia, Lega Salvini Premier e Forza Italia.
Con lo slogan «Io sono l’imprevisto», Battistini ha finora dimostrato una cosa: che la destra non riesce a staccarsi dal fantasma del Partito Democratico e soprattutto che fa davvero fatica a presentare un programma organico di rilancio della città.
Tra le proposte finora lanciate – dalla costruzione di parcheggi sotterranei allo spostamento del Sant’Orsola appena ricostruito e dell’autostazione per combattere lo spaccio – pare mancare la visione della città che verrà. L’unico punto di unione sembra essere non volere Lepore sindaco, volontà tra l’altro condivisa anche dallo spazio all’angolo opposto dello spettro politico.
Se Battistini riuscirà davvero a essere l’imprevisto e sottrarre il governo della città al centro-sinistra saranno solo le urne a dirlo.
Ma il fronte dovrà riuscire a ricompattarsi ed essere più efficace, perché da fuori sembra quasi che siano più interessati a chi diventerà consigliere che a chi diventerà sindaco.
Vi è poi, sempre nell’alveo del centro-destra ma in rappresentanza di un progetto civico, la coalizione composta da Bologna Forum Civico e Per Bologna Italexit a supporto della candidatura di Stefano Sermenghi, avvocato ed ex sindaco di Castenaso di 49 anni che è riuscito a raccogliere intorno a sé personalità di grande peso come Carlo Monaco, assessore della giunta Guazzaloca, Manes Bernardini, Giovanni Favia e Marco Mastacchi. Che sia il vero imprevisto di queste elezioni?
Ribaltiamo ora lo scacchiere e passiamo a sinistra, dove si ripete il sempiterno schema dell’unità irraggiungibile.
Ben 4 liste extra coalizione-Lepore che si riferiscono a questo mondo, con progetti sicuramente diversi ma che strizzano l’occhio a un elettorato ormai di nicchia.
In ordine abbiamo:
Sinistra Unita per Bologna, che fa riferimento alla consigliera uscente Addolorata Palumbo detta Dora, laureata in Geologia ed ex 5 stelle delusa della gestione della cosa pubblica.
Potere al Popolo, guidato da Marta Collot, 28enne trevisana di nascita ma bolognese di adozione, che tenta di portare la sfida lanciata a Bonaccini durante le regionali al tavolo del Comune, dimostrando sicuramente perseveranza nell’opposizione a un sistema che non riconosce come proprio.
Vi è poi il Partito Comunista dei Lavoratori, guidato da Federico Bacchiocchi, 51 anni, veterinario dipendente del ministero della Salute, già candidato alla camera dei Deputati nel 2008.
Infine la lista Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale dell’avvocato 50enne Luca Labanti, ex giudice sportivo nell’ambito del basket cittadino, alla prima esperienza politica.
Con l’alleanza Lepore-Clancy e il tradimento degli ideali di lotta contestato da una parte della base di Coalizione Civica, potrebbe aprirsi uno scenario di drenaggio di voti da parte delle sigle esterne, ma la possibilità che una di queste possa incidere in modo importante appaiono, a oggi, molto basse a causa dei quozienti previsti dalla legge elettorale.
A concludere lo schema c’è l’outsider Andrea Tosatto, 48 anni, psicologo e scrittore, almeno se si fa fede alla sua pagina facebook, sicuramente ex attivista M5S della prima ora deluso, fuoriuscito e adesso leader del Movimento 3V – Verità, libertà, azione che, pur facendo sorridere all’idea, ha ottenuto un risultato inaspettato alle regionali di gennaio 2020 e rischia di attirare consensi dopo la gestione difficoltosa della pandemia.
TUTTO CAMBI PERCHÉ NULLA CAMBI?
La ricetta di un’elezione controversa, combattuta, emozionante, è servita.
Ai cittadini starà adesso decidere a quale schema e progetto dare fiducia.
Permane la spiacevole sensazione che oltre i profondi proclami resti poco di innovativo negli schieramenti che si fronteggiano.
Difficile credere alla capacità innovativa di chi governa da dieci anni, e ancora più difficile credere che un imprevisto possa salvare la città.
Ciò che è sicuro è che Bologna continuerà sulle sue gambe malconce ad accogliere, curare e crescere generazioni di ciittadinǝ che si riconoscono nell’idea di comunità.
E forse basta questo per poter sorridere mentre spengo il computer e scendo a godermi questa campagna elettorale dal posto che preferisco: la strada.
1 – Lo schwa (singolare: ə; plurale: з) è un simbolo dell’alfabeto fonetico internazionale che rappresenta un suono vocalico medio compreso tra la A e la E. All’interno dei dibattiti su un linguaggio più inclusivo e meno sessista, lo schwa sta prendendo piede come strada praticabile. Un interessante contributo sul tema è questo articolo di Vera Gheno, linguista e accademica italiana.