UNA RIBELLIONE NECESSARIA, PER UN MODELLO ALTERNATIVO DI PRESENTE

di Federica Stagni

Il primo gennaio del 1994 il mondo scopriva l’EZLN: Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale che, dopo dieci anni di preparazione clandestina alla rivoluzione, occupava militarmente sette città del Chiapas. Quel giorno entrava in vigore il NAFTA (North American Free Trade Agreement), un accordo commerciale tra Messico, USA e Canada. «Noi diseredati siamo milioni e per questo invitiamo i nostri fratelli e sorelle a unirsi a questa lotta come unica via». Da quel momento gli Zapatisti hanno combattuto, e continuano a combattere, contro le conseguenze esclusorie di accordi economici di libero scambio che arricchiscono una minoranza della popolazione mondiale sfruttandone una larga maggioranza, ma soprattutto sfidano l’inevitabilità di un ordine geopolitico che accetta il capitalismo come unico possibile sistema economico. Gli zapatisti non sono sovversivi ma legittimi ribelli contro l’imperialismo americano che mai come durante questa recente crisi sanitaria ha esacerbato le disuguaglianze già esistenti.  

Il primo gennaio del 2009 Oscar Grant III, un afroamericano ventiduenne, veniva ucciso dall’agente della polizia ferroviaria Johannes Mehserle a Oakland, in California. Rispondendo alle segnalazioni di una rissa su un treno della Bay Area Rapid Transit di ritorno da San Francisco, gli agenti di polizia BART arrestarono Grant e molti altri passeggeri sulla piattaforma della stazione Fruitvale BART. L’ufficiale Anthony Pirone inginocchia Grant, disarmato, costringendolo a sdraiarsi a faccia in giù sulla piattaforma. Mentre Pirone tiene Grant in posizione prona, come ci è oramai familiare dal video dell’omicidio di George Floyd, Mehserle estrae la pistola e spara a Grant alla schiena. Grant viene portato d’urgenza all’Highland Hospital di Oakland ma per lui non c’è niente da fare, viene dichiarato morto poche ore dopo. Gli eventi vennero ripresi da diversi telefoni cellulari e diffusi dai media e su vari siti Web. Le rivolte che hanno seguite questo omicidio sono state fra le più partecipate negli Stati Uniti in decenni. Un cartello di una di queste manifestazioni diceva: «Oscar Grant: Murdered. The Whole Damn System is Guilty» (Oscar Grant: assassinato. L’intero dannato sistema è colpevole). A dodici anni da questa brutale uccisione abbiamo assistito alla nascita del movimento Black Lives Matter, che ancora una volta vuole ribellarsi al razzismo istituzionalizzato ancora presente in quasi tutti gli ambiti della vita sociale e politica. Il razzismo è ancora saldamente ancorato nelle istituzioni in tutti i luoghi del potere non solo americani ma anche europei. Guardiamo sempre l’America come un modello negativo in cui il razzismo è un dato di fatto ma spostando lo sguardo a casa nostra ci siamo mai chiesti quanti rappresentanti di colore abbiamo eletto in Europa? Al Parlamento Europeo siedono dieci persone di colore su 704 rappresentanti. Forse, seppure meglio celato a causa della minor diffusioni di armi in Europa, abbiamo un problema ben più grosso degli Stati Uniti.

La data non è la sola cosa che questi due episodi hanno in comune. L’uccisione di un giovane afroamericano, con le proteste che sono seguite, e la ribellione di una comunità indigena sono episodi che mostrano la necessità di una via alternativa ai modelli proposti dall’occidente. Gli zapatisti, che quest’anno verranno in Europa per conoscere realtà locali di resistenza, combattano lo stesso sistema che ha istituzionalizzato il razzismo e rivendicano un’identità indigena che si oppone ai modelli consumistici e individualisti occidentali. Nel comunicato che hanno redatto per l’inizio del loro viaggio ci ricordano le cose che ci uniscono: nonostante le differenze nelle esperienze di lotta territoriali le sinistre del mondo dovrebbero combattere per una società globale senza violenza sulle donne; persecuzione e disprezzo di coloro che sono diversi nella loro identità affettiva, emotiva e sessuale; il genocidio contro le popolazioni indigene; il razzismo; il militarismo; l’espropriazione; la distruzione della natura e della nostra terra. 

La pandemia non è bastata a farci capire quanto questo sistema economico fosse instabile e diseguale. Non è bastata a convincere quello che si definisce il “centro sinistra” italiano a votare una manovra tanto necessaria quanto giusta come una patrimoniale sulle ricchezze. Così come la morte di George Floyd non è bastata a interrompere le violenze della polizia in America o in altre parti del mondo come in Palestina dove l’esercito israeliano uccide civili quotidianamente restando completamente impunito. Il mio augurio per questo nuovo inizio è che il 2021 sia davvero l’anno in cui saremo in grado di urlare «Hoy decimos BASTA!».

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