di Lorella Malpassi
Storia breve della mia quarantena iniziata il venerdì 21 febbraio.

Primissima fase: qua stanno tutti fuori, che esagerati, che cavolo ci fanno perdere 15 gg di scuola, do i compiti sui libri che per fortuna avevo consegnato, mamme non preoccupatevi, rivolto la casa, cerco di tenere le distanze, ma esco, mi prendo dei tempi, in fondo un po’ di riposo mi farà poi bene, un concerto che salta il 23, certo che il maestro ha delle ansie!
Fase iniziale di lockdown per tutti: oddio la guerra, il gioco si fa duro, trenta TG al giorno mentre mi affanno a capire cosa sia la didattica a distanza, oddio proprio a me…
a fine carriera, che delle tecnologie nella didattica non mi importava e forse con un po’ di supponenza non ne ho mai sentito poi una vera necessità, canti dalle finestre, l’unità nazionale, é terribile ma forse ce lo siamo meritato, genitori volete capire il drive!, che se l’ho capito io vuol dire che é alla portata di tutti (che fortuna però la collega responsabile di istituto del digitale!), cerco di ingranare tutti gli scolari, mi stremo a trovare soluzioni alternative, non si può perdere nessuno, a sera distrutta faccio l’uncinetto, mi rilassa, mi godo le ore della tarda serata quando il virus dorme, addestro mia madre all’uso di uno smartphone e ci faccio le videochiamate (percorso “bes” con un linguaggio nostro di stanze, corridoi e porte che capiamo solo io e lei) , che buffa lei che non lo aveva mai voluto prima, mia madre é forte, fa anche ginnastica, e anche i miei figli lontani da me stanno bene coi morosi, e sono autonomi, sono una donna fortunata, ma in ansia per tutti!
Il marito lavora, congiunti cauti, coccole a distanza di sicurezza, finirà! Arrivano notizie di contagiati nella cerchia delle conoscenze.
Subito dopo: che didattica é mai questa, faccio tante cose imparate in fretta, sono contenta di questo, non sono poi scema!, mi sento fuoriposto, ma, posto che non ho la benché minima idea se sia utile ció che sto facendo, lo faccio, perché non farlo sarebbe perdere in partenza, l’orario di lavoro un lontano diritto sindacale, cominciano le restituzioni di tutte le attività assegnate, costruisco percorsi con presentazioni, video e comunicazioni di compiti e attività comprensibili a genitori e bambini, e nel mentre, sballottata tra registro, mail e altro ancora, giro foto, correggo, archivio, rispondo. Non c’é più la domenica, la casa é una prigione, istituisco una stanza bunker dove ormai sono risucchiata, e odio quelli che passano tutte le possibili forme di lamentela, che rogne insostenibili!

Altra fase: la scuola gira, ma i miei bimbi primigini, che vedo un giorno in videoconferenza non sono quelli che ho lasciato. Sono stremati annoiati, stanchi, e io, dico io cosa ci faccio a casa loro? Basta uncinetto, non ho più tempo. Poi ho già finito la coperta, si sono sfiniti i bambini, ho finito per capire che la scuola si fa corpo a corpo, ho finito le energie, mia madre non fa più ginnastica, voglio le coccole, sto per rivedere i miei cari figli, i canti sono un lontano ricordo e da tempo guardo un TG al giorno, a volte neppure quello. Il mondo si riempie di presidi di plastica, i bagnini progettano la spiaggia cubetti. E di surreali socialità sublimate che mi imbarazzano non poco, ma le fan tutti. I miei alunni qualcosa hanno imparato, ma solo tecniche, sia chiaro, e con qualcuno non c’è stata una via possibile, pochissimi per fortuna, ma quelli per i quali é fondamentale la scuola.
Un solo pensiero mi conforta, andare nella mia casetta nel mio borgo fuori dal mondo, appena possibile, dio se potessi essere lì. Avrei buoni motivi per non farmi un’idea di nulla, che tanto me la faccio, ma la realtà é troppo complessa per una povera maestrina come me.
E ancora mi consola credere nella magia che questo virus si rabbonisca, e nella MAGIA che tutti gli idioti si porti via, ma é dura perché conta solo l’economia!
Se a settembre la rumba é questa spero nella pensione anticipata. Ma poi che cavolo faccio in casa tutto il giorno?
Se dovessi tornare a scuola in condizioni di normalità comunque, io l’ho già promesso alla collega, copriró il computer con un lenzuolo sul quale avró disegnato un verde prato, acciderbolina poffarbacco!
Complimenti Lorella, per la capacità con cui hai saputo sostenere i tuoi scolari in quegli anni difficili e per l’abilità con cui hai saputo trasmetterla qui.
un tuo compagno di classe