SIAMO TUTTI PALESTINESI

di Federica Stagni

L’astensione di novantotto senatori al voto per l’istituzione di una Commissione contro l’odio e la discriminazione razziale è un fatto molto grave. Il 31 ottobre la mozione per istituire una commissione straordinaria contro odio, razzismo e antisemitismo, proposta dalla senatrice a vita Liliana Segre non ha ottenuto l’unanimità come sperato. Al contrario l’aula del Senato l’ha approvata con 151 voti favorevoli, nessun voto contrario e 98 astensioni. Il voto unanime di tutto il Senato sarebbe stato un segnale forte e simbolico. La Lega e FDI si sono astenuti sulla costituzione della commissione proposta dalla senatrice contro chi istiga all’odio e alla violenza. A questo sono seguite minacce, insulti e la comparsa di uno striscione contro l’evento organizzato dalla Senatrice a vita nella notte del 5 Novembre. In questi episodi si può osservare una matrice razzista e antisemita. Infatti, la persona coinvolta, Liliana Segre, è stata attaccata sulla base della sua identità religiosa in quanto ebrea sopravvissuta a uno degli eventi più tragici della storia europea del secolo scorso. Diversamente, esprimere idee di natura critica nei confronti dello stato d’Israele non è un’espressione di antisemitismo paragonabile a insulti razzisti.

L’assoluta mancanza di criticità con cui l’Italia e le sue istituzioni si stanno dimostrando incoraggianti nei confronti del sionismo dovrebbe accendere un campanello di allarme in tutti coloro che hanno a cuore il destino della nostra democrazia. Come mai la stessa solidarietà giustamente dimostrata nei confronti della Senatrice non si è invece manifestata in supporto agli attacchi di cui è stata vittima la neo assessore del comune di Napoli Eleonora de Majo? Le accuse e la gogna mediatica a cui è stata sottoposta la cittadina partenopea hanno solamente dimostrato quanto la propaganda israeliana in Italia giochi un ruolo fondamentale nell’orientamento dell’opinione pubblica. A questo proposito, nessuna voca critica si è alzata nei confronti di un altro avvenimento discutibile tenutosi a Firenze recentemente. Mercoledì 13 novembre, alle 16 presso l’Altana di Palazzo Strozzi, è stato inaugurato il Consolato onorario d’Israele dal sindaco Nardella (che sarà retto da Marco Carrai presidente di Toscana Aeroporti, che da tempo vanta importanti relazioni in Israele), alla presenza di Dror Eydar l’ambasciatore israeliano in Italia. In tale occasione Salvini, che ha partecipato all’evento, ha definito Israele “presidio di libertà, democrazia e commercio”. Tale definizione è perlomeno discutibile. Il popolo Palestinese è da sempre sottoposto ad atroci violazioni dei diritti umani, limitazioni delle libertà personali e politiche, trattamenti inumani, espropriazioni e deportazioni forzate a opera proprio dello stato d’Israele. Questi sono solo una minima parte dei crimini di cui il paese mediorientale si è macchiato e continua a macchiarsi. Se questa è l’idea di democrazia e libertà che il nostro ex-vice ministro desidera portare nel nostro paese allora c’è di cui preoccuparsi. L’uguaglianza dei diritti e la condanna dell’odio e la discriminazione razziale sono valori fondanti del nostro paese, e come suggerito proprio dalla Senatrice Segre, tutti coloro che violano questi principi fondamentali dovrebbero essere condannati. Israele incluso.

La maggior parte di noi segue col fiato sospeso lo scambio di missili fra Gaza e Israele, ma questo non è il solo conflitto in corso in Terra Santa. Da lunedì, dall’altro lato del muro in diverse città Palestinesi frequenti scontri si sono verificati fra manifestanti e militari Israeliani. Ieri e oggi a Hebron Road a Betlemme fra il campo profughi di Aida e di Dheisheh sono stati lanciati gas lacrimogeni per l’intera giornata rendendo l’aria irrespirabile per almeno dieci ore. Per quanto le principali sacche di resistenza islamica del territorio siano già state estirpate da tempo, la situazione rimane abbastanza tesa anche in Cisgiordania dove qualsiasi opposizione organizzata ha vita molto breve. Tra sabato e domenica notte i soldati israeliani sono venuti a sequestrare quattro ragazzi palestinesi, simpatizzanti della Jihad Islamica Palestinese, in fondo alla via in cui abito. Sono stata svegliata dall’abbaiare dei cani dei soldati Israeliani. Non avrei mai collegato i loro guaiti a un’incursione israeliana, ma quando i miei vicini di casa mi hanno raccontato l’accaduto il mattino seguente, mi sono sentita estremamente ingenua. Pochissimi palestinesi possono permettersi un animale domestico e infatti, dal mio arrivo non ne avevo visto neanche uno.

L’occupazione israeliana che imprigiona e vincola migliaia di vite sul territorio palestinese è riconosciuta dalla Corte Internazionale di Giustizia e dal Diritto Internazionale Umanitario come pratica illegale. Riconoscere le responsabilità del governo Israeliano nella creazione di questa prigione a cielo aperto non è un’espressione antisemita bensì il minimo che possiamo fare per non essere complici. Il 15 Novembre, ricorreva la proclamazione dell’indipendenza palestinese, in questi giorni le bandiere palestinesi si sono moltiplicate per la strade della Cisgiordania e con esse gli scontri. Al notiziario della principale emittente palestinese oggi venivano riportate principalmente notizie sulla situazione a Gaza, l’opinione diffusa, almeno qua in Cisgiordania, è che già troppo sangue è stato versato e si augurano tutti che la spirale di violenza si chiuda presto. Sulla stessa emittente è comparsa da qualche giorno la scritta bianca su sfondo rosso نيطسلف انلك “siamo tutti palestinesi”. È vero, tutti coloro che sperimento l’umiliazione, la denigrazione, la violenza, la tortura, la privazione delle libertà, l’incarcerazione arbitraria, la paura quotidiana per la propria vita ma anche la solidarietà, la compassione delle altrui sofferenze, la solitudine di fronte a un panorama internazionale sordo a qualsiasi tipo di appello sono Palestinesi. La sinistra, o quel che ne rimane, deve continuare a fare propria questa bandiera, che non è la bandiera dell’antisemitismo, bensì una ferma condanna di quelle politiche che violano i più basilari principi democratici.

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