RICORDI DI SCUOLA

Nota di Angelo Errani:

In questi giorni, in cui il tempo riesce forse a farci percepire quanto sia importante, ho avuto l’opportunità di ritrovare piccole/grandi cose dimenticate nei cassetti. Ciò che potete leggere in queste pagine sono ricordi di scuola di una brava maestra. Andavo a trovarla settimanalmente quando, ormai molto anziana, non usciva più dalla sua camera e, in una di quelle occasioni, le chiesi di scrivere per noi i suoi ricordi di scuola. Come era sua abitudine, fece i compiti. Si chiamava Maria Galanti. Era mia madre.
Continue reading

DIARIO DI BORDO – SESTA SETTIMANA

di Mattia Macchiavelli

BOLOGNA, 19/04/2020
DIARIO DI BORDO N°13

No. Non siamo in guerra. Non siamo soldatini che fanno il loro dovere in difesa di una patria la cui costruzione e la cui identità non si sa bene dove stiano o a che punto siano. Non dovremmo sentire la necessità del reggimento e non dovremmo volerci opliti. Non abbiamo bisogno di eroi belligeranti, né di martiri, né di monumenti in onore dei caduti, né di inni. Tuttavia, il discorso pubblico, politico e mediatico, è impregnato di questa metafora folle e vive di una retorica che ci mobilità – fuori e dentro – , che ci predispone a una guerra perenne, totale e quotidiana. In questo mondo ridisegnato da un virus e dalla nostra incapacità di gestirlo, diveniamo tutte sentinelle del potere: attente, alla finestra, pronte a gridare alla trasgressione, con un livore interiore sopito da un po’, ma riscoperto in questa cattività. Sentinelle in attesa di ordini, del cui contenuto poco ci importa, l’importante è che siano direttive emanate da un’autorità forte o percepita come forte. Continue reading

SIAMO TUTTI PALESTINESI

di Federica Stagni

L’astensione di novantotto senatori al voto per l’istituzione di una Commissione contro l’odio e la discriminazione razziale è un fatto molto grave. Il 31 ottobre la mozione per istituire una commissione straordinaria contro odio, razzismo e antisemitismo, proposta dalla senatrice a vita Liliana Segre non ha ottenuto l’unanimità come sperato. Al contrario l’aula del Senato l’ha approvata con 151 voti favorevoli, nessun voto contrario e 98 astensioni. Il voto unanime di tutto il Senato sarebbe stato un segnale forte e simbolico. La Lega e FDI si sono astenuti sulla costituzione della commissione proposta dalla senatrice contro chi istiga all’odio e alla violenza. A questo sono seguite minacce, insulti e la comparsa di uno striscione contro l’evento organizzato dalla Senatrice a vita nella notte del 5 Novembre. In questi episodi si può osservare una matrice razzista e antisemita. Infatti, la persona coinvolta, Liliana Segre, è stata attaccata sulla base della sua identità religiosa in quanto ebrea sopravvissuta a uno degli eventi più tragici della storia europea del secolo scorso. Diversamente, esprimere idee di natura critica nei confronti dello stato d’Israele non è un’espressione di antisemitismo paragonabile a insulti razzisti. Continue reading

APPETIZER BOOKS: SORGO ROSSO – MO YAN

di Francesco Colombrita

Edito Einaudi, 476 pp. 2014

Nel distretto di Gaomi regna da tempo un signore dalla corona di rubini. Offre ombra dal suo capo, protezione tra le sue vesti, si tramuta in vino il suo sangue e, recisi i suoi arti, si creano giacigli e focolari. È un re che tutto osserva, nulla pretende, e offre la vita. È il sorgo rosso, che si estende per i campi a coprire la terra, inframezzato solo da fiumi e piccole strade battute. 

Continue reading

APPETIZER BOOKS: EXIT WEST – MOHSIN HAMID

Edito da Einaudi, 2017, pp. 152

«La finestra era il confine attraverso il quale era più probabile giungesse la morte». Quegli spiragli rivolti all’esterno e alla speranza, che promettono l’ingresso della luce, andavano rapidamente coperti. Addossandovi materassi e mobilio, chiudendosi nel buio di palazzi che assicuravano l’oscurità e la protezione, mentre le loro facciate vivevano «in un giorno il degrado di un decennio». La guerra consuma in un attimo la decadenza di una vita, polverizza la quotidianità abbandonando le persone a un’alienazione giocata sul confine della consapevolezza di farne parte. Continue reading

FAR FIORIRE IL DESERTO (parte 2)

Sono in un appartamento di Tel Aviv. Seduti davanti a me ci sono Tom  e Schlomo, due giovani attivisti israeliani. Discutiamo da un’ora su ciò che meno conosco e comprendo, ovvero il punto di vista israeliano sull’occupazione. Occupazione che viene ridotta, anche lessicalmente, a conflitto, termine che suggerisce uno scontro tra attori sullo stesso piano. Alla fine, poi, il conflitto stesso viene normalizzato, diventa una quotidianità indifferente e allo stesso tempo si allontana, si fa silenzioso, viene digerito e interiorizzato.

L’intera società israeliana è pervasa dalla guerra, anche al suo interno. Il militarismo è l’altra faccia del sionismo. La mobilitazione totale ne è condizione necessaria. Schlomo racconta: «L’esercito è una presenza costante agli occhi dei bambini. Ricordo un gioco, alla materna, che consisteva nel collegare un’immagine ad un’altra immagine della stessa categoria. C’era un fucile disegnato, e bisognava tracciare una riga che portasse ad una colomba o ad un ramo d’ulivo. Alle elementari invece ci facevano scrivere letterine di ringraziamento ai soldati, e preparavamo per loro dei dolcetti da portare in caserma. Alle superiori spesso il supplente era una soldatessa che ci raccontava l’importanza e la bellezza di servire il proprio Paese».
Prosegue Tom: «L’esercito è la cosa più sacra, è intoccabile, non si può criticarlo in nessun modo. Ancora oggi, gli obiettori di coscienza possono evitare la leva obbligatoria solo per ragioni di salute o di salute mentale. Sennò vai in carcere, finché non vieni considerato non idoneo al servizio militare. Senza contare le pressioni familiari e sociali che devi subire se decidi di non prendere parte alle politiche di questo Stato di Apartheid».

Insisto, chiedo come sia possibile questo consenso così ampio intorno ad un disegno criminale che va avanti, imperterrito, da decenni. Tom ha una sua tesi al riguardo: «C’è un lavaggio del cervello costante che sfrutta il concetto di sicurezza. Parlare di continuo di sicurezza fa nascere la paura, e con la paura si può fare di tutto». Mi cita una frase attribuita nientemeno che a Herman Goering: «Ovviamente, la gente non vuole la guerra. Perché mai un contadino pezzente dovrebbe rischiare la vita in guerra quando il massimo che ne può ottenere è tornare alla sua fattoria tutto intero? Naturalmente, la gente comune non vuole la guerra; né in Russia, né in Inghilterra, né America, e per quello neanche in Germania. Questo è ben chiaro. Ma, dopo tutto, sono i capi della nazione a determinarne la politica, ed è sempre piuttosto semplice trascinare la gente dove si vuole, sia all’interno di una democrazia, che in una dittatura fascista o in un parlamento o in una dittatura comunista. […] La gente può sempre essere condotta ad ubbidire ai capi. È facile. Si deve solo dirgli che sono attaccati e accusare i pacifisti di mancanza di patriottismo e di esporre il paese al pericolo. Funziona allo stesso modo in qualunque paese».

2011palestinan_map1-300x204Non basta. Tom aggiunge, con voce ferma, che «in realtà la maggior parte degli Israeliani non è estremista come i coloni. È solo apatica: gli Israeliani impiegano moltissime fatiche e sforzi continui nel non volere vedere». Schlomo mi racconta allora della sua personale presa di coscienza: «Sono nato in kibbutz. Tutti erano molto militaristi e molto sionisti, lì dentro. Un giorno, ero ancora un bambino, vidi un villaggio abbandonato, poco lontano dal mio kibbutz. Cominciai a chiedere in giro perché quelle case fossero vuote, sembrava che non ci vivesse nessuno da decine d’anni. Nessuno mi rispondeva, sviavano le mie domande o mentivano. Fu allora che compresi che c’era qualcosa di nascosto, qualcosa di cui non si poteva parlare. Quello era uno dei villaggi ripuliti durante la Nakba, i cui abitanti e i loro discendenti vivono, forse, in un campo profughi da qualche parte, senza poter ritornare». Continue reading