Suzanne Valadon – La bellezza esibita, la bellezza negata
di Rosalba Granata
Suzanne Valadon, vissuta nella vivace e tumultuosa Parigi tra fine Ottocento e primo Novecento, è stata un’artista dalla personalità originale, anticonformista e affascinante.
Bellissima appare in elegante abito bianco nel famoso dipinto Ballo in città di Renoir.
Non è di famiglia agiata né figlia di pittori come gran parte delle artiste del tempo. La madre è una donna poverissima della provincia francese che, quando si ritrova con una bambina illegittima, si reca a Parigi in cerca di lavori. Lavori umilissimi.
Nell’infanzia conduce una vita randagia e senza oraria Montmartre che era ancora un quartiere immerso nella campagna, sulla collina alla periferia di Parigi. Un piccolo mondo a sé caratterizzato da rigogliose vigne, piccoli frutteti e mulini a vento. Gli affitti a basso costo lo rendevano residenza prediletta di numerosi pittori. A fine ‘800 cominciarono a sorgervi locali, bordelli e cabaret, alcuni dei quali divenuti leggendari, come il Moulin Rouge, il Moulin de la Galette o Le Chat Noir.
Non ha più di dieci anni quando comincia a guadagnare qualche soldo con disparati lavori, venditrice al mercato, sarta, fiorista. Raccontava di essere stata addirittura acrobata in un circo e di averlo abbandonato solo in seguito ad un infortunio.
Poco più che quindicenne sboccia la sua bellezza e le apre le porte degli atelier dei pittori: diventa la modella, e a volte l’amante, di artisti famosi.
Il primo è Puvis de Chavannes, il più apprezzato tra i pittori accademici.
Quando inizia a posare per lui ha sedici anni e Puvis è un uomo non più giovane ma elegante e ricco di fascino. Con lui Suzanne conosce un altro mondo fatto di lusso, raffinatezza e buone maniere. È per sei mesi sua modella e amante. La riconosciamo in Bosco Sacro caro alle Arti e alle Muse. Tutte le figure hanno il suo volto.
Poi diventa modella di Renoir che la ritrae in molte opere evidenziandone la smagliante e giovanile bellezza. Il pittore ne subisce il fascino sensuale. È da poco iniziata la sua relazione con Aline che poi diventerà sua moglie e madre dei suoi figli. Sono due modelli femminili alternativi. Suzanne lo attrae ma è anche impaurito dalla sua personalità libera e anticonformista. Sicuramente la dolce Aline è per lui più rassicurante.
Ma forse la tappa più importante per la sua crescita è il rapporto con Toulouse-Lautrec.
È il 1887, Suzanne è poco più che ventenne, ha spezzato molti cuori e, a diciotto anni, ha avuto un figlio di cui dice di non sapere chi sia il padre.1 La relazione con Lautrec è per lei importante tanto che vorrebbe sposarlo. Ma lui rifiuta. Il loro rapporto dura circa tre anni ed è per Suzanne2 occasione di conoscenze intellettuali. Nell’atelier del pittore è la “padrona di casa”, legge insieme a lui i libri, incontra artisti, partecipa alle loro discussioni.
Disegnare è sempre stata la sua passione. Dopo qualche reticenza mostra al pittore i suoi schizzi e Lautrec, tra stupore e ammirazione, li apprezza.
E in lei si fa sempre più forte il desiderio di essere dall’altra parte del cavalletto.
È da Degas che riceve il più deciso incoraggiamento.
Lo ha conosciuto alla fine degli anni ‘80 e con lui instaura un rapporto di autentica amicizia. Degas riconosce il suo talento, la incoraggia, compra anche alcuni disegni. Proprio lui che non l’ha mai ritratta è quello che la sostiene maggiormente nel suo percorso artistico.
Suzanne non ha certo potuto seguire scuole di pittura, è un’autodidatta con un grande desiderio di imparare e, stando a stretto contatto con grandi artisti, riesce ad appropriarsi dei segreti della pittura.
“Ho avuto grandi maestri, da cui ho preso il meglio: i loro insegnamenti e i loro esempi. Ho trovato me stessa, anzi ho creato me stessa e ho detto ciò che avevo da dire.”
A Parigi sono anni di grande fermento artistico e culturale. Non solo si va affermando l’Impressionismo, ma nascono sempre nuovi modi di dipingere, da Gauguin a Matisse, al Fauvismo e il Cubismo
Suzanne lavora alacremente e, come una spugna, assorbe gli stimoli più disparati, sa cogliere quel che fa per lei. E al tempo stesso ricerca e riesce a trovare uno stile personale.
Nel 1894 finalmente espone i suoi disegni al Salon della Societè Nationale des Beaux Artes.
Intanto la sua vita sentimentale continua ad essere tumultuosa. Dà scandalo il triangolo amoroso con il gelosissimo musicista Erik Satie e il ricco borghese Paul Mausis, col quale nel 1896 si sposa.
Si gode per un po’ di tempo il lusso, gli abiti eleganti e la lussuosa villa a Montmagny nella quale organizza pranzi e ricevimenti. Quasi gioca a fare la signora, però sempre con una nota di bizzarra originalità. Spesso fugge da questa gabbia dorata e va a Parigi nel suo atelier per dipingere.
Ma in quegli anni diventa il figlio il suo più grande problema. Alcolizzato fin dalla adolescenza, ha crisi depressive, è violento, emergono anche problemi mentali e viene più volte ricoverato. Suzanne si era poco occupata di lui e lo aveva quasi costantemente lasciato con la madre. Ora gli si dedica con amore e disperazione. È proprio lei che, quando tutte le cure si rivelano vane, per allontanarlo dalla follia, lo inizia alla pittura. Maurice ha evidentemente un naturale talento tanto da diventare il grande Utrillo, pittore di successo, tra i più pagati dell’epoca. Guardando i suoi quadri ci colpisce quanto si distacchino completamente da quelli della madre. Maurice non dipinge mai figure umane, solo paesaggi, desolati paesaggi cittadini.
Poi, dopo i quarant’anni Suzanne incontra l’amore. E il colore risplende nella sua vita e nella sua arte. André Utter, un amico del figlio, è la vera passione della sua vita. Per lui lascia tutto, il marito e la vita agiata.
Utter ha vent’anni meno di lei, ma Suzanne è ancora bellissima e conserva il suo fascino particolare, il giovane ne è incantato.
Per lei è un’esplosione di vitalità. Stimolata dal nuovo rapporto e incoraggiata dall’amante, la sua pittura si trasforma, comincia a dipingere ad olio utilizzando colori intensi. Grandi tele testimoniano la felicità del suo amore. In Adamo ed Eva ritrae se stessa e l’amante, entrambi nudi e felici. Sempre di quegli anni è La gioia di vivere, uno dei suoi capolavori.
In un’epoca in cui le pittrici rappresentavano quasi esclusivamente scene convenzionali e pudiche era già considerato trasgressivo il fatto di dipingere nudi femminili lontanissimi dalla tradizionale bellezza classica. Ma la Valadon va oltre dipingendo anche nudi maschili.
Quale donna aveva osato tanto? È la prima volta nella storia dell’arte. Ribalta i ruoli, è lei che ritrae il bellissimo amante nudo.
La convivenza con l’amante, poi marito dal 1914, e il figlio è piuttosto difficile. A Montmartre era indicata come la “Trinità infernale”, infatti i violenti litigi tra lei, il figlio e Utter erano assai frequenti.
In Ritratto di Famiglia del 1912 Suzanne è al centro del gruppo, lei sola è accostata a ognuno dei membri della famiglia, ed è l’unica che guarda verso di noi. Andrè è sullo sfondo e guarda fuori dal quadro. Magdeleine, la madre della pittrice, col viso solcato da profonde rughe appare stanca per la sua faticosa esistenza. Maurice è in primo piano davanti alla madre, da solo prende la metà inferiore del quadro, ma è come ripiegato in se stesso, sprofondato in un suo mondo.
Utter diviene eccellente impresario della Valadon e di Maurice. Vendono soprattutto gli Utrillo, che, battuti all’asta, fruttano somme molto forti. I quadri di Suzanne hanno il plauso dalla critica ma, ritenuti troppo forti, troppo crudi disorientano mercanti e acquirenti.
Il denaro non è più un problema. Anzi ce n’è in abbondanza. Come spenderlo? Suzanne spesso lo regala a chi pensa ne abbia bisogno, e distribuisce con generosità doni. Fa anche spese bizzarre come una pelliccia lussuosa di astrakan che poi decide che non le si addice e la usa per la cuccia dei cani. Lascia mance favolose.
E nel 1923 acquista un Castello a Saint Bernard, vicino ad Annecy. Un elegante autista vi conduce la famiglia da Parigi con una macchina lussuosa.
Ma i problemi non spariscono. Andrè e Maurice appena possibile fuggono a Montmarte. Il primo per ubriacarsi, il secondo per nuove giovani conquiste.
La Chambre bleue del 1923 è per molti la migliore opera di Valadon. È evidente l’influenza dei Fauves e di Matisse, ma la donna del dipinto si contrappone nettamente a veneri e odalische. Non si offre al piacere maschile, non si concede abbellimenti. È una donna di mezza età, in sovrappeso e con il seno cadente. È in pigiama, a piedi nudi, una sigaretta le penzola dalle labbra.
Ha quindi le caratteristiche degli altri ritratti della Valadon: corpi robusti contornati da linee spesse, forme generose e qualche volta anche decadenti. Non vi è mai nelle sue opere idealizzazione del corpo femminile.
Gli anni Venti e Trenta sono ricchi di soddisfazioni professionali. È diventata una pittrice riconosciuta, ha firmato un contratto con la galleria Bernheim-Jeune e l’importante critico Adolphe Tabarant ha dato un banchetto in suo onore.
Ma la vita privata precipita. L’energia gioiosa dei primi anni della sua relazione sentimentale va scomparendo, André, sempre più infedele, la sta abbandonando e Suzanne sente che non ha più, come in passato, l’energia per trattenerlo, per sedurlo di nuovo.
Ha cinquantanove anni e in un autoritratto mostra sé stessa impietosamente.
“Non è mai molto bella nei suoi autoritratti, da quello giovanile del 1883 in poi … Ma i più sorprendenti e insieme i più impietosi dei suoi autoritratti sono quelli a seno nudo.
Ormai è lei la padrona del suo nudo, quello che da ragazza ha mostrato al mondo attraverso il pennello dei pittori che la sceglievano come modella. Forse per questo vuole dipingersi nuda. Le donne artiste non si dipingono nude, anzi in genere ci tengono a sottolineare la propria appartenenza alla pittura, ritraendosi con il cavalletto in mano di fronte a una tela. Suzanne no.”3
Nel 1935 soffre anche per il distacco dal figlio col quale è vissuta per molti anni in simbiosi. Maurice, ormai cinquantenne e ricchissimo, si sposa con una vedova che lo allontana dalla madre e gestisce la sua vita, il suo lavoro, il suo patrimonio. Riesce anche, in parte, a tenerlo lontano dalla bottiglia. Per lui è l’angelo della sua vita, per Suzanne una bigotta arrampicatrice e approfittatrice.
Andrè così la descrive in una lettera ad un amico:
«Suzanne aveva degli stupefacenti occhi chiari, i capelli neri divisi in due bande e invece di camminare sembrava che danzasse. Aveva l’aria un po’ di una fata un po’ di una amazzone».
Suzanne Valdon è una seduttiva Bilancia, vera figlia di Venere, la Venere Afrodite dea della Bellezza dai molti amori. E quello della bellezza mi pare tema talmente centrale nella sua esistenza da divenire quasi inquietante. La bellezza fa la sua fortuna, le apre la strada tra i pittori, ma lei, divenuta pittrice, alla bellezza sembra in qualche modo ribellarsi. Intende staccarsi completamente da come è stata ritratta. Infatti non vuole cogliere in sé alcun aspetto di seduzione e quando giunge alla vecchiaia esibisce in modo crudo la sua decadenza. È come se nella sua personalità le due facce della Bilancia, quella venusiana e quella saturniana, si combattessero e si alternassero per il predominio. E la dominante Saturno è molto forte e certamente non la rende una bilancia tutta grazia, equilibrio e armonia.
Ma il suo oroscopo è molto complesso così come la sua personalità. Vediamone alcuni aspetti.
Ci viene descritta come burrascosa, sfrontata, irriverente, uno spirito libero. Una figlia della tempesta come amava definirsi. Certamente la sua Luna in Scorpione può ben rappresentare il suo carattere di ribellione e trasgressione e non dimentichiamo che la luna rappresenta il lato femminile ed è quindi fondamentale per una donna.
C’è inoltre l’energia passionale e dominatrice della Venere in Leone. Venere che, congiunta al MC, sottolinea l’ambizione che la caratterizza. E ambiziosa doveva essere davvero per essere riuscita a salire con determinazione le scale del successo. Da bambina selvaggia a prestigiosa artista.
Nel suo lavoro è stata sempre una perfezionista. Precisa e pignola nella esecuzione, lavorava anche parecchi anni su un dipinto prima di decidersi ad esporlo. Elementi che possiamo attribuire alla componente saturniana e a Mercurio in Vergine, segno che occupa inoltre gran parte della prima casa.
Suzanne è oggi quasi dimenticata e viene ricordata soprattutto come madre di Utrillo. Eppure nel suo tempo aveva avuto il plauso della critica e importanti riconoscimenti. È stata la prima donna ad essere ammessa alla Société Nationale des Beaux-Arts, ha partecipato al Salon des Indépendants nel 1912 e sette anni dopo al Salon d’Automne. Esponeva in diverse gallerie parigine ed anche a Praga, a Bruxelles, a Ginevra. Sicuramente è tra le poche donne che, nella sua epoca, si sono guadagnate da vivere con l’arte. Quando muore nel 1938, per un improvviso malore, al suo funerale partecipa tutta Montmartre e i grandi artisti parigini, tra cui Picasso, Max Jacob, Derain.
Pur non essendo oggi così popolare le viene riconosciuto il merito di essere stata decisamente all’avanguardia nella rappresentazione del nudo femminile e questo ha suscitato l’interesse di molte artiste e storiche femministe. La sua eredità è raccolta da pittrici oggi molto famose come Alice Neel e Jenny Saville.4
La personalità affascinante della Valadon comincia in questi ultimi anni ad essere colta e sottolineata in vari testi.
Bello il ritratto che ne traccia Elisabetta Rasy nel suo avvincente libro Le Disobbedienti.
In Self Portrait – Il Museo del mondo delle donne, testo in cui Melania Mazzucco ci propone una galleria di opere di pittrici di ogni epoca, di Suzanne Valadon viene presentato il quadro “La bambola rifiutata”.
Si possono leggere anche alcuni romanzi che, oltre ad essere basati sulla sua vita, cercano di cogliere l’atmosfera della Parigi del tempo. Tra questi La regina di Montmartre del 2015 e Nel cuore di Montmartre del 2018 dello statunitense John Storm.
Annalisa Fabbri nel 2022 con I fiori di Montmartre ripercorre in modo abbastanza fedele la vita della pittrice. Se ne discosta nella parte finale con quello che ritengo un improbabile epilogo.
Sempre del 2022 è L’ Amore Felino di Marina Alberghini, un romanzo originale in quanto pone l’accento sul suo rapporto con gli animali e soprattutto con Ramirou, un gatto rosso tigrato che, dal 1919, diviene uno dei suoi soggetti preferiti. Del resto la Valadon viene spesso definita randagia come i gatti che tanto amava.
- Qualche anno dopo la nascita, Maurice viene riconosciuto da Miquel Utrillo, spagnolo aristocratico all’epoca studente scapestrato, ma Suzanne continua con la sua versione di non sapere chi sia il padre. ↩︎
- Il nome di battesimo della Valadon era Marie-Clémentine e a Montmartre la conoscevano come Marie. Suzanne diventa il suo nome d’arte (suggerito ironicamente da Toulouse-Lautrec in riferimento al celebre soggetto biblico, rappresentato tante volte nella pittura, di Susanna insidiata dai vecchioni. Lautrec si riferiva scherzosamente ai rapporti con Puvis e con Renoir. ↩︎
- Da Le disobbedienti di Elisabetta Rasy ↩︎
- Jenny Saville sul tema della maternità https://blog.metropolisbologna.it/uncategorized/genitori-oggi-un-dialogo-tra-diritti-e-immagini/ ↩︎