ACCOMPAGNARE I BAMBINI A SCOPRIRE IL GIUSTO RUOLO DEL LIMITE

Angelo Errani continua ad accompagnarci alla scoperta dei momenti e delle fasi cruciali di una corretta relazione educativa. In questa seconda puntata, riprendiamo e approfondiamo il significato di “limite”, per comprenderne in particolare il suo duplice ruolo.  

di Angelo Errani

Fra i miei ricordi di insegnamento presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna c’è un episodio avvenuto nel corso di una lezione dedicata alla conoscenza di alcuni deficit. Una studentessa aveva proposto la lettura della documentazione di un’esperienza clinica riguardante la straordinaria abilità di una persona con disturbi dello spettro autistico consistente nel riuscire a individuare, in pochi secondi e senza ricorrere ad alcun ausilio, il giorno della settimana corrispondente a una data compresa negli ultimi dieci anni. Sara, una studentessa cieca, esclamò con tono visibilmente preoccupato: “Oddio, non sarò anche autistica oltre che cieca?”. E, alla richiesta di motivare la sua preoccupazione, aggiungeva: “Perché faccio così anch’io”. Quella mattina, con la sua testimonianza, Sara aveva contribuito a chiarire in modo esemplare quel che Vygotskij indica come strano e somigliante ad un paradosso, e di cui offre la seguente spiegazione:

«[…] Da un lato il deficit è una mancanza, una limitazione, una debolezza, una diminuzione dello sviluppo, dall’altro, proprio perché crea degli ostacoli, esso provoca una potente spinta in avanti […] ogni deficit crea degli stimoli alla produzione di una compensazione». Continue reading

Guida scientifica per la sopravvivenza al complottismo post-moderno

Sul treno, al bar, in autobus, dalla parrucchiera, negli spogliatoi della palestra:

«Il mondo sta andando a rotoli, non vedete? Inquiniamo, uccidiamo tutto, e moriamo sempre più spesso di tumori e altre malattie che in passato i nostri bis-nonni non hanno mai avuto!»

Chi di noi non ha mai sentito pronunciare frasi simili da un amico o un conoscente? Una di quelle affermazioni che tutti prima o poi sentiamo, o che noi stessi pronunciamo. Quelle frasi al limite del complottismo e del catastrofismo che alla fine tanto ci piacciono e ci attraggono. E lo ammetto, faccio io stessa pubblica ammenda: le teorie complottiste mi affascinano. Ma a parte l’iniziale stupore, e magari qualche lontano fondo di verità, comprendo perché riscontrino tanto successo nell’opinione pubblica. L’uomo ama incolpare qualcuno dei propri sbagli. E urlare al complotto è un ottimo modo per sollevare dalla propria coscienza qualsiasi briciolo di colpevolezza. Ma alla fine è davvero tutto qui? L’uomo ha creato solo catastrofi, genocidi, estinzioni, inquinamento? Certo la storia è costellata di fatti terribili. Quindi ammettiamolo: l’uomo non sempre agisce per il meglio, come abbiamo già detto nei mesi precedenti durante la nostra escursione nei risvolti sanguinosi della Scienza. Mostratasi solo nei suoi risvolti più cupi, stavolta la Scienza si presenterà nel suo lato più rassicurante. Questo mese il viaggio sarà diverso. Perché si è sposati e si ama “nel bene e nel male, in buona e in cattiva sorte”. E stavolta il viaggio sarà nella “buona sorte”. Già, perché la Scienza ci ha dato un ottimo argomento con cui controbattere anche ai più “miscredenti”. Ora immaginate… immaginate di essere nati 200 anni fa. Innanzitutto mi spiace ma io non sarei qui a guidarvi in questo viaggio temporale: in quanto donna sarei stata estromessa dagli studi scientifici, mondo considerato allora prettamente maschile; in più sarei certamente morta alla giovane età di 18 anni per un’infezione alla gola sfociata, senza antibiotici, in setticemia. Ma non rattristatevi troppo, sarei stata in buona compagnia: circa un terzo dei lettori di questo blog sarebbe morto alla nascita o nei primi dieci anni di vita, un altro terzo non avrebbe toccato i 30 anni di età, e i restanti sarebbero arrivati a fatica a 50 anni, con qualche fortunato a 70. Infatti nel 1810 l’aspettativa di vita media era di 40 anni, con qualche punta a 50 anni in alcune regioni del Regno Unito e dei Paesi Bassi. Durante il corso del XIX secolo le speranze di vita iniziarono a salire, incoraggiate dalla rivoluzione industriale, dalla crescente occupazione, dalla dieta più ricca, arrivando “addirittura” a poco più di 50 anni di età. Fino ad oggi: l’Italia è il quarto paese a livello mondiale per aspettativa di vita. I nostri 82 anni (in continua crescita) sono infatti al di sotto solo di Giappone, Macao e Andorra (84, 82 e 83 rispettivamente). Quindi ecco il primo, ottimo, punto con cui controbattere a complottisti e detrattori della Scienza: tutti noi oggi siamo in grado di vivere in media quarant’anni in più rispetto ai nostri trisnonni. E se vi sembra poco, provate a pensare da quante migliaia di anni l’uomo vive sulla Terra: la nostra comparsa nell’ecosistema Terra è datata circa a 250.000 anni fa, e in soli 200 anni l’aspettativa di vita è raddoppiata, toccando vette mai raggiunte prima nella storia. E questo repentino miglioramento nell’aspettativa di vita è dovuto a scoperte essenziali, che oggi diamo per scontate. Continue reading

Un altro sentire – Dalla parte di Temple

Per chi non la conoscesse, e io stessa fino a un paio di anni fa non la conoscevo, Temple Grandin è una studiosa americana di quasi 70 anni. Temple si è occupata principalmente di zoologia e, oltre a essere una docente universitaria, è anche una progettista di attrezzature per il bestiame. Temple è autistica. 

Prima di iniziare a leggere uno dei suoi libri,  Pensare in immagini e altre testimonianze della mia vita di autistica (Edizioni Erickson, 2001), sapevo poco e nulla sull’autismo: non avendo mai conosciuto persone autistiche, le mie nozioni si fermavano, molto superficialmente e banalmente, a quello che avevo visto in TV, in film come Rain Man e simili. Probabilmente, l’idea comune che ci possiamo fare attraverso questi film non è propriamente “sbagliata”, ma incompleta, parziale e incapace di restituirci l’estrema complessità del tema. 

Quando ho ricevuto il libro via posta, speditomi come regalo da un amico che a sua volta lo aveva letto, ero rimasta molto sorpresa. Non si tratta di un capolavoro della letteratura, non è certo il tipo di libro che vincerà premi letterari, non occuperà un posto nella lista dei libri più venduti o dei “classici” di cui non si può fare a meno. Ma è un’autentica perla. Una perla preziosa, capace di regalare al lettore autentiche emozioni e profondi stimoli di riflessione. È un libro che arricchisce il cuore e il cervello. Dopo averlo letto, ho pensato che tutto questo lo rendeva ai miei occhi un testo comunque fondamentale. Ho anche pensato che l’affetto di una persona nei nostri confronti si può misurare dal tipo di libro che ci regala. E questo è stato un regalo in tutti i sensi.

Foto2a

Continue reading