APPETIZER BOOKS: CREATURA DI SABBIA – TAHAR BEN JELLOUN

41bnat-j4hl-_sx305_bo1204203200_Venite. Accorrete. Sedetevi in circolo qui attorno a me. Giusto ora, i minareti, si sono ricongiunti al silenzio del cielo. È un momento propizio perché mi ascoltiate. Quale che sia questa storia silente, prestate attenzione alle sfumature dell’animo che il vento tramuta in dune maestose; agli archi di cenere delle città del deserto; alle strade e i mercati in cui passeggiano infiniti racconti. È questo lo scrigno che la contiene; sono queste le pagine rubate alla sua solitudine; questa la storia che non finirò. Ahmed era il nome che le labbra cucite esprimevano al mondo. Nacque in un passato non troppo lontano, ottavo, dopo sette sorelle di cui il padre malediceva i natali, e venne posato in una culla già maledetta. La menzogna alimentò silenziosa la sua formazione mentre qualcosa che non capiva già s’insinuava tra le pieghe del destino: la volontà di ingannare la sorte. Osservate queste pagine strappate, con rabbia e pianto, dalla stessa mano che le aveva decorate con la dolcezza dell’alfabeto e la purezza dei pensieri più nascosti. Il suo diario ci sussurra la verità che neppure le fasce a stringere il seno, la leggera peluria lasciata incolta e la voce che mai lo tradiva potevano cambiare. Tanto il padre si fece arrogante nell’aggirare la volontà di Dio per rispondere ai desideri terreni, che non oso sussurrare le conseguenze delle sue azioni. Quali furono le emozioni e i desideri, le proibite passioni, le mire e gli intrighi, la sofferenza e l’agonia, il dubbio ed il rimorso ci è dato saperlo solo in parte. Non abbiate paura di perdervi, ascoltando il mio canto che è il vostro e di tutti, tra le porte di cui parlerò, solo perché «questa storia ha qualcosa della notte» e mi raccomando «so bene che la tentazione dell’oblio sarà grande» ma «è una fontana d’acqua pura alla quale non ci si deve accostare per nessun motivo». Sappiate che mi apro a voi e al mondo con animo puro: «io non racconto storie per passare il tempo. Sono le storie stesse che vengono a cercarmi, che si impossessano di me e mi trasformano. Ho bisogno di tirarle fuori dal mio corpo per liberare le caselle troppo piene e fare posto a storie nuove. Ho bisogno di voi.»

Francesco Colombrita

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