L’ARTE DI WOLFANGO. L’EMOZIONANTE BELLEZZA DELLE COSE SEMPLICI

di Rosalba Granata

«Di pittori bravi come Wolfango non ce n’è altri in Italia, né, credo, in Europa; o forse dovrei dire su tutto il pianeta». (Riccomini)(1)

Siete mai stati nella Sala Stampa del Comune di Bologna?
Se entrate, vi trovate di fronte a un’opera straordinaria: Il Cassetto di Wolfango.
Ricordo lo stupore e l’emozione quando la vidi per la prima volta.

È un’opera gigantesca, quattro metri per circa tre e mezzo, riempie quasi tutta la parete.

Quando Riccomini nel 1986 riuscì a convincere il pittore a fare una mostra nella ex chiesa di Santa Lucia, allora abbandonata e abitata solo dai piccioni, l’unico modo per far uscire la tela fu di tagliare il muro esterno della sua casa in cui l’aveva dipinta. Pensava che solo amici e parenti avrebbero dovuto vederla. Lui stesso si definiva un “assenteista”: «Assente dalle mostre, dalle gallerie, dal mercato, dalla critica».Quando per la prima volta ci si trova di fronte a un’opera di Wolfango non si può fare a meno di desiderare di conoscerlo meglio. Il critico Riccomini ha spesso raccontato di essere rimasto sbalordito, dalla «destrezza esibita da Wolfango nel dipingere».

Ricorda in questo modo il primo incontro con la pittura di Wolfango: (2)

«Mi aggiravo parecchi anni orsono – una trentina, credo – per l’ombrosa dimora di Wolfango. Stupefatto, ammirato, e però quasi atterrito da quei dipinti giganteschi su cui s’accampano oggetti quotidiani e persino banali, consueti e però giganteschi… Com’era avvenuto a Momi Arcangeli e in seguito a Federico Zeri, mi sentivo come sopraffatto da quei dipinti di indiscutibile maestria, forse senza paragoni possibili nell’attualità».

Oggetti quotidiani giganteschi, dice Riccomini, e infatti rimaniamo incantati da un gigantesco spicchio d’aglio o da una noce schiacciata perché il pittore, ci dice Wolfango, trova belle anche le cose più banali:

«Con la sua matita il pittore vede, scandaglia, penetra nella carne delle cose e così le conosce, le scopre, le conquista… l’uomo comune guarda un tramonto e lo trova bello, una notte di luna, un mare. O anche un semplice fiore, una farfalla… il pittore è d’accordo su tutte queste cose, ma, contrariamente all’opinione comune, trova belle anche – che so – le forme di uno scorpione, quelle di un rospo… tutto è bello per noi nella natura…». (Wolfango)(3)

Le opere di Wolfango sono una ricchezza per la nostra città.
Quest’anno il Consiglio comunale gli ha conferito l’Archiginnasio d’oro alla memoria. È questa l’onorificenza più alta, riservata a grandi personalità del mondo dell’arte, della cultura e della scienza.

Nella delibera approvata dal Consiglio comunale si afferma che ha onorato la nostra città con un’attività multiforme, sempre di altissimo livello, di pittore, illustratore, di cultore originale di alcune tra le principali tematiche della teoria e della storia dell’arte:

«Wolfango, era, insieme a Giorgio Morandi, il più grande pittore bolognese del ‘900. Era fiero di essere bolognese, figlio della città che per prima, come ricordava spesso con orgoglio di appartenenza, aveva abolito la servitù della gleba. Era un uomo schivo e orgoglioso, immerso nella sua ricerca e poco incline alle lusinghe della mondanità, che disdegnava come disdegnava il mercato: un grande artista e un uomo raro».(4)

Nell’Aperitivo a Tema di aprile vogliamo conoscere meglio l’opera e la personalità di Wolfango: saranno con noi la figlia Alighiera Peretti Poggi e il burattinaio e regista Riccardo PazzagliaVi aspettiamo domenica 22 aprile al Centro Stella dalle ore 19.00.

Nel frattempo se volete “gustare” alcune sue opere vi consigliamo i siti:

http://www.wolfango.net/

http://www.matteosoltanto.com/wolfango.html

NOTE

  1. La Repubblica, 28 aprile 2016.
  2. Nella Prefazione al Catalogo della mostra delle Quattro Stagioni.
  3. Wolfango, Breve ma ragionata antistoria della pittura e dell’arte. Dialogo tra pittore e filosofo (p. 14).
  4. Dalla Delibera del Consiglio comunale.

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