tratto dal libro di Maurizio Casali MO I TIRA A TE – RACCONTI DI GUERRA E DI FAMIGLIA
Qualche settimana prima, Rino e Sergio stanno attraversando un ponticello di legno, è poco più di una passerella molto instabile, sentono sparare e vedono dei proiettili passargli vicino al viso, capiscono che sono sotto il tiro di un cecchino, non possono correre, avanzano camminando sperando di non essere colpiti. Pochi metri che sembrano chilometri, finalmente arrivano dall’altra parte, Rino è bianco come un cencio. Noi ragazzi, quando sentivamo questo racconto protestavamo: Ma Rino non aveva paura di nulla!
E Sergio rispondeva: “Lo dicevano in tanti che Rino era matto, che non aveva paura di nulla. No, Rino aveva paura come l’avevamo tutti, quella volta io ero ancora più bianco. Lui valutava i rischi lucidamente e faceva quel che si doveva, facendo finta di non aver paura, come fanno i veri coraggiosi.”
Rino, quattro giorni dopo il ferimento di Sergio, è sul fiume Brenta. Gli viene detto che lo sta cercando un ufficiale inglese e siccome piove chiede ad un partigiano di prestargli i suoi stivali perché sono alti e fuori c’è molto fango. Quando arriva all’argine del fiume, chiede a distanza all’ufficiale cosa vuole.
Uno sparo.
Colpito, l’ufficiale inglese cade a terra, Rino imbraccia l’arma e sparando verso gli aggressori corre verso l’ufficiale ferito per metterlo al riparo ma sulla passerella di legno, che attraversa il fiume, viene colpito a sua volta e cade in acqua. Quando ritrovano il suo corpo, vedono che la ferita è molto leggera. Rino è morto annegato, tutti si chiedono se non siano stati quegli stivaloni ad impedirgli di nuotare perché era un nuotatore provetto.
Rino Bendazzi muore quasi banalmente. Verrà insignito della medaglia d’argento al valor militare.
Così l’amico liceale, l’amico di sempre con cui ha diviso ideali, dubbi e speranze, la dura vita della lotta partigiana ma soprattutto la quotidianità degli ultimi anni è morto. E’ morto così, praticamente a guerra finita. Sergio si rammarica di essere stato lontano a conseguenza della ferita. Se fosse stato presente, forse avrebbe potuto salvarlo, o sicuramente ci avrebbe provato.
Anni dopo, Sergio dirà che tra lui e il suo caro amico Rino il più fortunato era stato Rino, perché era morto in un momento di gioia, che lui non aveva provato mai più in vita sua. Avevano vinto, si sentivano immortali.
Rino era morto quando la morte non era più contemplata tra le possibilità.