Se una ricca mecenate col pallino dell’arte e del bon ton, affacciata ormai al parapetto della vecchiaia, aggirandosi tra le strade di New Orleans inciampasse nell’idea di intrappolare in una nave uno scultore, un romanziere, qualche pittrice e geni vari, partendo per una crociera tra le paludi bollenti della Louisiana, ci si aspetterebbe un platonico simposio circa la vita, l’amore, l’arte stessa e molto di più: inutile dire che la povera e ingenua signora Maurier dovrà ricredersi.
Il secondo romanzo di Faulkner (1927) mette in scena un teatro cinico e dissacrante, i cui protagonisti altro non sono che se stessi, uomini e donne di una società vibrante e sfaccettata che infesta il nuovo mondo, adattandosi prima del tempo ai costumi della modernità. Un grande racconto che si fa strada, partendo dalla coralità di una scrittura densa e impegnativa, per giungere alla comune banalità delle interazioni umane. Il grande battello Nausikaa parte alla volta di una meta che forse non raggiungerà mai, stracolmo di anime in pena che si agitano perseguendo intenzioni alle volte sconvenienti, cui la provvidenza e il caso non daranno vita facile. Le zanzare del titolo, che infestano quasi ogni pagina dell’opera senza essere mai citate direttamente, divengono forse metafora insieme della sofferenza e dell’insopportabile agire senza scopo del genere umano. Ricco di pezzi di bravura e digressioni che rievocano il mondo pagano e le sue vestigia, questo lavoro del Nobel di New Albany, offre uno spaccato degli anni ’30, ricco di riflessioni che risultano più attuali di quanto ci si aspetterebbe.
Francesco Colombrita