Edito da Lindau, 2018, pp 414
di Francesco Colombrita
Si può nutrire la vita di sottili lamenti, al suono di un piano che sfiora le note più intangibili? Il piccolo David non sa proprio perché, ma capisce, intuisce, che le immagini si affollano nella sua mente un po’ troppo invasive, che non riuscire a dormire per i loro nitidi confini e l’angoscia che generano è qualcosa di strano.
Così non ne parla, cerca di ignorarle. Anche quando non riesce proprio a uscire di casa, bloccato dall’indecisione e dall’intrusività di quei pensieri inquietanti e pervasivi. Suonare il pianoforte gli piace, lo mette in connessione con qualcosa che va al di là di lui e che pure è perfettamente tangibile, giacché a chiare lettere dorate quello strumento porta inciso il suo cognome. Viene da una fabbrica del padre, costruita prima della guerra, uno di quei sogni americani che si è realizzato, sente dire, perché non è da tutte le famiglie polacche immigrate nel nuovo mondo riuscire in un’impresa del genere. Continue reading →