BIBLIOTECA DI BABELE – VIAGGIO NELLA MEMORIA

di Francesco Colombrita

Racconta Pausania che in Beozia si trovava l’antro di Trofonio, uno degli accessi agli inferi. Davanti a esso stavano due fonti, ricche di acqua gorgogliante. Una era quella di Lete, l’oblio, l’altra quella di Mnemosine, la memoria. 

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Cent’anni di solitudine – Gabriel GarcÍa Márquez

Immagino questo spazio come l’occasione per parlare ogni mese di un libro. Non di un libro semplicemente letto, ma di un libro che sento di aver, per qualche motivo, profondamente vissuto. Non ho certamente l’ambizione di scrivere recensioni di testi che in molti casi sono già unanimemente considerati dei pilastri della letteratura, ma di cercare di esprimere cosa ci ho trovato, di far emergere gli elementi che più mi hanno fatto riflettere, quali emozioni mi hanno suscitato, provando così a mescolare il piano oggettivo della storia raccontata con il suo piano soggettivo e magari incuriosendo chi in quel volume non è ancora “inciampato”. Credo che, in fondo, ogni libro sia non solo il prodotto del suo autore, ma anche di chi lo legge.
Raramente scelgo un libro scorrendone prima la trama. Mi lascio piuttosto affascinare dal suo titolo o, in modo assai più superficiale, dalla sua copertina, cercando di non farmi influenzare dalle opinioni comuni che lo accompagnano, sia esso considerato un “classico” o meno. Questo per non rovinarmi la sorpresa dei suoi contenuti, ma permettermi al contrario di stupirmi e, in alcuni casi, anche di farmi portare fuori strada. Credo che sia stato questo il motivo per cui ho a lungo rimandato la lettura di Cent’anni di solitudine, un titolo (diciamolo pure) di per sé non particolarmente accattivante o promettente, che mi faceva pensare a una storia deprimente e stilisticamente pesante. Quando ho finalmente deciso di iniziare la lettura, perché sentivo che era venuto il momento, mi sono immediatamente resa conto di quanto fossero sbagliati i miei pregiudizi. Ma, forse, è stato proprio il fatto di ritrovarmi davanti a una storia del tutto diversa da come me l’aspettavo che mi ha completamente rapita e affascinata.
Anche solo tentare di riassumere i fatti di questa storia così complessa e surreale è un compito non facile. Le vicende e le avventure delle diverse generazioni della famiglia Buendía, i cui capostipiti José Arcadio e Ursula sono tra i fondatori dell’immaginaria cittadina di Macondo, si susseguono a un ritmo vertiginoso e incalzante, non lasciando al lettore neppure una pausa per riprendere fiato. Sono bastati pochi capitoli per farmi venire in mente un’immagine ben precisa che riesce per me, più di ogni parola, a dare un’idea della storia: l’immagine di una giostra.

Foto 1

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