IN VIAGGIO: ARIOSTO. AMORE E FOLLIA

di Rosalba Granata

Orlando Furioso. Teatro Dehon. Stagione 2017/2018

«Dirò d’Orlando in un medesmo tratto

cosa non detta in prosa mai, né in rima:

che per amor venne in furore e matto,

d’uom che sì saggio era stimato prima;» 

Già nel Proemio Ariosto ci presenta uno dei temi del poema: Orlando che perde  il senno per amore.

Come lo perde? Come avviene la metamorfosi da uomo saggio e stimato a pazzo furioso?

Nel Palazzo di Atlante abbiamo trovato gli uomini nella gabbia dei loro desideri, delle loro illusioni.

E Orlando quando si apre il velo della sua illusione d’amore impazzisce.

Nella sua ricerca di Angelica si era trovato in un boschetto idilliaco, un vero luogo ameno. Ma proprio qui era stato assalito da un dolore inaspettato. In ogni ramo, in ogni roccia, aveva trovato il nome di Angelica intrecciato con quello di Medoro.

Orlando non conosce Medoro, anonimo soldato dell’esercito dei Mori, non sa che Angelica lo ha trovato ferito, l’ha curato, l’ha amato. 

«Angelica e Medor con cento nodi

legati insieme, e in cento lochi vede.

Quante lettere son, tanti son chiodi

coi quali Amore il cor gli punge e fiede.

Va col pensier cercando in mille modi

non creder quel ch’al suo dispetto crede:

ch’altra Angelica sia, creder si sforza,

ch’abbia scritto il suo nome in quella scorza.»

Immediatamente, vedendo le scritte, intuisce la verità, per ogni parola soffre come se venisse trafitto da chiodi, ma cerca di ingannare se stesso, forse non è la stessa Angelica. O forse dà a Orlando il soprannome di Medoro per non rivelarne l’identità o forse… forse è un nemico che ha scritto quelle frasi d’amore per ferire proprio lui, Orlando. Forse…   

Poi entrato in una grotta trova scritta sulla parete la storia d’amore di Medoro con Angelica.

Ariosto è solitamente interessato più all’azione che non alla psicologia dei personaggi ma in questo caso si sofferma su tutte le sfumature del dolore di Orlando, un dolore che diviene fisico, che lo pietrifica, che gli fa perdere l’aria orgogliosa e baldanzosa che lo caratterizza. Un dolore tanto forte da non riuscire a sfogarsi col pianto. Il dolore d’amore, interviene il narratore, supera tutti gli altri, credete a chi lo ha provato.

«Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto

quello infelice, e pur cercando invano

che non vi fosse quel che v’era scritto;

e sempre lo vedea più chiaro e piano:

ed ogni volta in mezzo il petto afflitto

stringersi il cor sentia con fredda mano.

Rimase al fin con gli occhi e con la mente

fissi nel sasso, al sasso indifferente.»

Angelica e Medoro

Distrutto dai dubbi ma intenzionato a non credere a quello che già crede Orlando, per ristorarsi, va nella vicina casa di un pastore. Ma proprio non riesce a dormire. Anche qui ovunque su ogni parete, su ogni muro, su ogni porta vede scritti i nomi di Angelica e Medoro.

Il pastore, preso da compassione, pensa di raccontargli una storia che ha allietato tanti altri, una storia d’amore che gli è particolarmente cara perché è avvenuta proprio nella sua casa.

È naturalmente la storia di una bellissima principessa d’Oriente che ha salvato un giovane ferito, lo ha guarito ma è stata lei stessa ferita dalle frecce di  Amore

«e sanza aver rispetto ch’ella fusse

figlia del maggior re ch’abbia il Levante,

da troppo amor costretta si condusse

a farsi moglie d’un povero fante.»

E per ricompensare il pastore per l’ospitalità e l’aiuto gli ha donato un prezioso anello. Il pastore lo mostra con orgoglio e Orlando lo riconosce! Lui stesso lo aveva donato ad Angelica.

È a questo punto che scoppia la follia di Orlando. E la sua è una  furia sconvolgente, si denuda, urla selvaggiamente, sradica ogni cosa che si trova sul suo cammino.

Follia di Orlando. Gustave Doré, illustrazione 13 al canto XXIV dell’Orlando furioso, Paris, Hachette, 1879. CC Creative Commons

Possiamo però immaginare quale danno sia per l’esercito cristiano di Carlo Magno la lontananza del più forte tra i paladini dal campo di battaglia.

La missione di  recuperare il suo senno viene affidata ad Astolfo, già protagonista impavido di imprese stravaganti.

E dov’è finito il senno? È sulla Luna. 

Sulla luna vi è infatti tutto quello che si perde sulla terra: le speranze di ricevere onori, le occupazioni vane, le adulazioni nei confronti dei signori, gli amori infelici, il tempo sprecato al gioco.

Sfondamento cronologico: Eros e Follia

«Intanto giunse Eros per l’aria chiara, invisibile, violento

Tese il suo arco e prese una freccia intatta,

apportatrice di pene. Poi senza farsi vedere

scagliò il dardo contro Medea: un muto stupore prese l’anima.

Il terribile Eros, insinuandosi dentro il cuore,

ardeva in segreto; e smarrita la mente,

le morbide guance diventano pallide e rosse (Argonautiche)

Eros, non rivelarti a me maligno

e non oltrepassare la misura!

Il dardo che scagli con le tue mani

è più potente della fiamma del fuoco …

eros, il tiranno degli uomini.»

(Euripide. Ippolito. Coro)

Ophelia di J.Everett Millais 1852. Londra Tate Gallery

Nei miti e nelle tragedie classiche la passione amorosa è devastante per la mente. Tanti sono gli esempi.

Arianna, Fedra, Pasifae, Medea sono donne ferite dalle frecce di Cupido, donne portate dall’amore alla follia e alla morte.

«Io sono folle, folle,

folle di amore per te.

Io gemo di tenerezza

perché sono folle, folle,

perché ti ho perduto.

Stamane il mattino era sì caldo

Che a me dettava questa confusione,

ma io ero malata di tormento

ero malata di tua perdizione.»

Alda Merini Vuoto d’amore

Alda Merini, una delle più importanti scrittrici italiane del Novecento, ha vissuto in prima persona l’esperienza della follia ed è stata per un periodo della sua vita rinchiusa in manicomio, e ne ha lasciato testimonianza nel suo diario L’altra verità.

Nel manicomio, che annientava la personalità, alcune donne per sopravvivere se ne costruivano una nuova e diversa. E così la poetessa racconta la sua identificazione con la dolce e fragile Ofelia, il personaggio della tragedia di Shakespeare.

«Così la mia bellezza si era inghirlandata di follia, ed ora ero Ofelia, perennemente innamorata del vuoto e del silenzio, Ofelia bella che amava e rifiutava Amleto» (Merini 1986)

Ofelia ricorre anche nella raccolta poetica di Merini, Io dormo sola, il cui titolo richiama un frammento di Saffo sulla solitudine d’amore.

«Io mi son battuta

con Atena scura di capelli

e ho graffiato lo scudo di ferro

della sapienza immortale,

io, una stanca donna

che pregava il Padre suo,

una povera poetessa

che non chiama più nessuno.

È la delusione di Ofelia

davanti al ruscello che scorre,

la passione si è spenta

di quella possente chiamata

e l’acqua s’intorbida

e la mia anima ancora non si vede.»

(Merini 2005a, 6)

Athena,  dea della ragione, Ofelia, eroina folle che la ragione l’ha persa.

La poetessa coglie Ofelia un attimo prima del suicidio, mentre si specchia nelle acque del ruscello in cui troverà la morte.

Evoca Atena perché la sostenga nella sua lotta per recuperare almeno in parte la sanità mentale. Perché non vuole essere Ofelia fino in fondo, non vuole superare il confine a cui la pazzia può portare, non vuole perdere a tal punto se stessa da togliersi la vita.

Menzogna e Sortilegio. Edizioni Einaudi

Se il riferimento di Alda Merini è Shakespeare, Elsa Morante per il tema della follia amorosa fa riferimento direttamente ad Ariosto.

Vorrei quindi segnalare un romanzo che ho molto amato: Menzogna e sortilegio del 1948,  il primo romanzo di Elsa Morante.

Romanzo assolutamente atipico per l’epoca in cui il modello culturale era quello del neorealismo.

La Morante usa i toni del melodramma e il suo testo ha la struttura di un romanzo ottocentesco, ma le tecniche narrative sono novecentesche.

La storia è infatti narrata in prima persona da Elisa che, rimasta sola dopo la morte della madre adottiva, racconta tra realtà e immaginazione la vita dei suoi genitori e dei suoi nonni. L’io narrante è consapevole di non poter raccontare una realtà oggettiva, ma solo una verità relativa. Il tempo non ha quindi un andamento rettilineo ma è trattato in modo personale, legato alla memoria e al flusso di coscienza.

La trama ripercorre le vicende di una famiglia del Sud nell’arco temporale di circa vent’anni.

Anna ama Edoardo di un impossibile amore, ma Anna è a sua volta amata da Francesco che non è corrisposto e di cui invece è innamorata Rosaria, a sua volta non corrisposta. La vita dei personaggi è come un labirinto, nel quale si perdono con l’impossibilità di raggiungere l’oggetto amato. E questa concezione dell’amore ci richiama il Furioso di Ariosto.

 «Tra le pieghe della narrazione di Elisa troviamo i personaggi e le magie delle favole, le metamorfosi del mito e le degradazioni del grottesco, le armi e gli amori dei poemi cavallereschi, i richiami del più artificioso esotismo, gli intrecci e le complicazioni della narrativa popolare, i giochi di specchi del più sontuoso teatro barocco, gli avvolgimenti sentimentali della letteratura romantica» (Ferroni 1993)

Astolfo in viaggio verso la Luna

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.