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Email di Angelo Errani del 08/04/2020
Chiudendo le scuole, si spegne anche l’educazione? Stimolato da una richiesta di Rosalba, è questa la domanda che mi sono trovato nei pensieri. Ho cercato una prima risposta nel dedicarmi alla scrittura di una fiaba che potesse provare a incontrare le immagini che in questi giorni transitano nei pensieri dei bambini: La strega cattiva e la fata Mnemosina.
Ma, come sempre succede, l’instabilità che proviamo facendo un primo passo, inevitabilmente ci suggerisce di effettuarne un secondo e, così, nascono alcune, anche se confuse, riflessioni su fiabe ed educazione.
Miti e fiabe ci raccontano i timori che le diverse comunità umane hanno vissuto. Parlano di paure ma anche delle paure ad aver paura. Il tempo del racconto si colloca tradizionalmente nel momento in cui la giornata va verso la fine, ma è una fine che è anche un inizio, il tempo della notte. Offrendo la sicurezza di una relazione, quella fra chi narra e chi ascolta, aiutano ad affrontare la solitudine del sonno, della notte.
Miti e fiabe raccontano quello che non è vero, ma che può essere vero. Raccontano cioè ciò che non è per aiutare a imparare ad affrontare ciò che è. I Greci, grandi educatori, forse anche perché grandi narratori, chiamavano questa strategia educativa catarsi. C’è in ciò una grande sapienza: rappresentare le paure in forma fantastica significa infatti anche offrire una padronanza sulle fantasie.
Lascio ai Greci il meritato merito e rientro nei miei panni: «Nonno, raccontami una storia…» Spessissimo è una storia che si deve ripetere infinite volte, se ti capita infatti di cambiare qualcosa, subito vieni corretto. Io nonno – ricorro a uno stereotipo dicendo così, potrei essere infatti anche babbo, mamma, insegnante… – ti racconto le paure in modo tale che tu quelle immagini le possa padroneggiare, affinché la paura non ti arrivi alle spalle, spaventandoti, ma che tu, vedendola davanti, la possa controllare. Così sarai un bambino che sta al gioco delle paure e non un bambino che ha paura.
Com’è importante la fantasia! Un bambino, crescendo potrebbe trovare un ostacolo nella contrapposizione che noi adulti proponiamo fra fantasia e razionalità. È una contrapposizione che, come tutte le contrapposizioni, impoverisce, non arricchisce. Pregiudizialmente infatti noi riteniamo che la fantasia sia propria di una fase immatura dell’esistenza e che debba, quindi, venire superata per diventare razionalità, intesa come più adulta. Quanti giudizi scolastici e sociali umiliano le manifestazioni e i comportamenti fantasiosi dei bambini nell’immaturità! Fantasia e razionalità non rappresentano uno piccolo che diventa adulto, sono entrambe dimensioni dell’umano, entrambe utili per dare senso.
La fantasia non è forse un aspetto indispensabile dell’umano, non solo in letteratura, ma pure nella ricerca scientifica? Non immaginando oltre non saremmo forse congelati nelle conoscenze che abbiamo già? L’esplorazione fantastica non è altro che un’ipotesi, un’esplorazione ipotetica che suggerisce una ricerca.
Credo che per educare sia necessario trovare un’alleanza fra fantasia e razionalità. Un’alleanza che è esplicita, ad esempio, in una storia che racconta le storie, la storia del «C’era una volta…». È una strategia educativa: andare indietro nel tempo per trovare qualcosa di utile per il futuro.
I bimbi non ascoltano forse le storie per andare sicuri nel futuro della notte?