Nella letteratura greca antica, principalmente nell’epica omerica, i cibi hanno una funzione particolare, detta tipizzante. Essi, come gli epiteti che contraddistinguono i diversi individui – eroi, dèi e dee, re e regine e esseri mostruosi -, contribuiscono a designare in modo specifico le personalità.
Tuttavia, rispetto agli epiteti che circoscrivono in modo individuale un personaggio, come ‘pie’veloce’detto di Achille, ‘domatore di cavalli’di Ettore e ‘bella chioma’di Elena, facendo riferimento a caratteristiche specifiche del suo carattere, della sua storia o dell’aspetto, la dieta è tipizzante a un livello più generale, in parte potremmo dire sociale, in parte per ruoli. Questo significa che personaggi appartenenti a una medesima classe sociale, o ricoprenti gli stessi ruoli all’interno dell’epica letteraria, consumano o sono accostati agli stessi cibi e questi non si mescolano fra loro. Ciò significa che gli dèi gustano solo nettare e ambrosia mentre gli eroi si nutrono solo di carni arrostite e i personaggi mostruosi e violenti solo carni crude. E’ questa la prima distinzione delle diete che vediamo compiersi all’interno dei poemi omerici e che continuerà a connotare i caratteri dei personaggi nella letteratura greca successiva e non solo.
Consideriamo a titolo esemplare l’omofagia, ossia il mangiare carne cruda, considerata una qualità non umana. Il caso più eclatante nell’Odissea è rappresentato da Polifemo, il quale divora numerosi compagni di Odisseo senza cucinarli in alcun modo, e sicuramente questo atteggiamento enfatizza la brutalità e la violenza del ciclope, mostro con un solo occhio figlio di Poseidone. Altresì il divorare carne cruda caratterizzava i riti in onore di Dioniso, dio fra le altre cose della sfrenatezza. Durante questi rituali gli iniziati ai misteri dionisiaci, completamente fuori di sé e in preda a un grande furore, facevano pezzi con ferocia animali della taglia di una capra o di una pecora (atto detto in greco sparagmòs) e ne mangiavano i brandelli di carne cruda, tutto questo a imitazione dell’uccisione e dello smembramento di Dioniso a opera dei crudeli e violenti Titani, che poi ne mangiarono le membra. Il carattere spiccatamente selvaggio e ferino accostato all’omofagia persiste nella letteratura greca e latina, giungendo fino a noi nelle piùdiverse saghe di esseri mostruosi e sanguinari, come licantropi e streghe (per quanto riguarda i latini, si pensi reciprocamente al Satyricon di Petronio e alle Metamorfosi di Apuleio), che proprio nel mondo greco acquisiscono le loro fondamentali e immutate caratteristiche (tuttavia è bene precisare che la connotazione selvatica e non umana del consumo di carne cruda è trasversale a moltissime culture).
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