LEGGERE LA NAKBA – La serata di Metro-Polis

di Roberta Merighi

Al-Nakba, in arabo ‘la catastrofe’, 75 anni fa. O meglio, iniziata, e mai finita, 75 anni fa. Il 14 maggio Metro-Polis ha voluto ricordare con una serata dedicata quell’evento, l’espulsione forzata del popolo palestinese dalla sua terra, e gli avvenimenti seguenti, attraverso la loro ricostruzione storica e dando voce alla letteratura palestinese. Lo ha fatto di fronte ad una sala gremita e attenta, segno dell’interesse e dell’attualità della proposta. E alla fine anche molto emozionata.

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6 AGOSTO/9 AGOSTO 1945: HIROSHIMA E NAGASAKI

di Roberta Merighi

Questo articolo avrebbe dovuto essere pubblicato il 6 agosto in occasione della commemorazione della prima atomica, sganciata su Hiroshima. Per un inconveniente tecnico ciò non è avvenuto. Ci teniamo comunque a darne diffusione ora, tanto più per il richiamo, allora involontario, all’attuale situazione Afghana.

«Baby is born» sono le parole con cui fu annunciato a Truman il successo dell’esperimento nucleare effettuato il 16 luglio del 1945 nel poligono di Alamogordo, nel New Mexico. La bomba atomica era nata.

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UN RICORDO DI JOVAN DIVJAK

di Roberta Merighi

«Quanto manca alla cima, prof.?» mi chiedono alcuni studenti che stanno arrancando, insieme a me, su per la collina di Sarajevo dietro la nostra guida che, nonostante abbia passato i 70 anni, con passo agile e rapido vi si inerpica, rischiando di arrivare solo alla meta. Che è un belvedere, prima tappa del tour, da cui ci indica dove fossero le postazioni serbe e quelle di difesa bosniache, là sul monte Igman, la sola vetta tenuta dall’Armija, l’esercito bosniaco. E poi, ecco, si scende verso il cimitero ebraico, dove era posizionata l’artiglieria serba, che ancora mostra i segni impressi dalla guerra sulle lapidi delle tombe. E poi, visita al famoso tunnel scavato sotto l’aeroporto, unica zona franca della città, pattugliato dai caschi blu ONU francesi. Il tunnel, scavato segretamente a partire dalla cantina di un’abitazione privata, era l’unica via che permettesse i collegamenti con il resto del paese. Unica via di approvvigionamento della città devastata dagli obici e dall’artiglieria nemica e sotto il tiro dei cecchini, rimasta senz’acqua e senza gas per riscaldarsi nei lunghi e freddi inverni, e con penuria di cibo. E unica via per far entrare le armi per la difesa di Sarajevo sotto assedio, ma anche sotto embargo delle armi da parte della comunità internazionale. Continue reading

SREBRENICA 11 LUGLIO 1995

di Roberta Merighi

 «Noi non sapevamo che cosa stava per succedere. Nessuno ci diceva nulla. Mio padre continuava ad essere ottimista e continuava a credere che i soldati olandesi avrebbero protetto i civili, senza badare al fatto che egli stesso vedeva i Cetnici [così erano chiamati i nazionalisti serbi] all’interno della fabbrica [la base dei caschi blu]. […] Gli olandesi non avevano armi […] e notai che non sembravano più così sicuri come al nostro arrivo alla base. Ciò che veramente mi sorprese fu che essi stessi stavano presso quei sacchi di plastica dove gli uomini erano costretti a svuotare le loro tasche. Siccome camminavo dietro a mio padre Lutvo, vidi quando un soldato olandese lo forzò a lasciare nei sacchi persino il suo berretto. Io pensavo ai soldati olandesi che ci avevano promesso che nulla di brutto ci sarebbe successo, che ci avevano detto di non aver paura perché ci avrebbero protetto. Quando fummo molto vicini ad uno degli autobus parcheggiati, uno dei Cetnici che indossava una uniforme olandese si avvicinò e disse a mio padre: “Tu vecchio seguimi”. Io mi girai e vidi un folto gruppo di uomini che erano già stati separati dagli altri. Mio padre Lutvo fu costretto a raggiungerli. A causa degli olandesi il sogno di mio padre di raggiungere un territorio libero non si avverò». Continue reading

REDDITO DI BASE: DAL “SOSTEGNO AL BISOGNO” ALLA “LIBERTÀ DAL BISOGNO”. OVVERO, LIBERARE DANIEL BLAKE?

di Roberta Merighi

«La nostra tesi è che, nelle condizioni del XXI secolo, c’è una fondamentale differenza tra un reddito di base incondizionato […] e […] sistemi di reddito minimo condizionato. […] il reddito di base ha effetti molto più radicali. Esso non agisce ai margini della società, ma colpisce al cuore i rapporti di potere. Il suo scopo non è solo quello di alleviare la miseria, ma di liberarcene tutti». (Van Parijs, Vanderborght,* Il reddito di base. Una proposta radicale, Bologna, il Mulino 2017)

Se per Lord Beveridge la costituzione di un Welfare State era la strada per rendere fattibile la “libertà” dai mali che affliggevano molta parte della popolazione del Regno Unito del suo tempo, per gli autori sopracitati, la “libertà”, più precisamente la “libertà sostanziale” di tutti, dovrebbe essere la prospettiva normativa di una proposta di reddito di base.

La sua introduzione si rende quanto più impellente «nelle condizioni del XXI secolo», in presenza cioè dei cambiamenti dei modi di produzione e della presenza di un mercato del lavoro globalizzato. Continue reading

DAI CLASH A DANIEL BLAKE

di Roberta Merighi

«Abbiamo avuto un po’ di libertà dalla sicurezza sociale» dice il leader dei Clash Joe Strummer in una intervista rilasciata a una rivista musicale nel 1976 (e riportata da Giuseppe Allegri nel suo ultimo libro Il reddito di base nell’era del digitale). Il cantante racconta di aver conosciuto gli altri componenti della band mentre era in fila per ritirare il sussidio di disoccupazione. Essere “on the dole” (essere, cioè, a carico della sicurezza sociale), senza “contropartite”, continua Joe Strummer nella sua intervista, ha permesso loro di dedicarsi pienamente alla inclinazione artistica che li accomunava, senza essere costretti ad accettare lavori di qualsiasi tipo per sopravvivere.

Daniel Blake è il personaggio del film omonimo di Ken Loach (del 2016), è un falegname alle soglie dei 60 anni che dopo una grave crisi cardiaca, impossibilitato a lavorare, è costretto a chiedere un sussidio di disoccupazione. Ma per ottenerlo deve ottemperare a richieste (impegni nella ricerca del lavoro), che non può soddisfare a causa proprio della sua malattia, rimanendo impigliato nella maglie di una burocrazia incapace di venire incontro alla sua reale e disperata situazione. Continue reading

IRAN, TANTA VOGLIA DI TORNARE IN UN PAESE SENZA CONFINI. APPUNTI DI VIAGGIO – TERZA PARTE

di Roberta Merighi

Davanti a noi, dietro una lastra di cristallo, arde un fuoco. È tenuto acceso in quel braciere da più di 1500 anni. Quel fuoco ci fa pensare, ci costringe ad allargare i confini della storia che ci portiamo dentro. Fa ricordare cose che avevamo studiato o letto ma che poi avevamo accantonato in un angolo della memoria: quel fuoco è il simbolo, la manifestazione, del dio Ahura Mazda, il dio del profeta Zaratustra. Lo zoroastrismo, la religione da lui fondata più o meno alla fine del secondo millennio a.C. e diffusasi in tutto l’altopiano iranico, è ritenuta la più antica religione che riconosca un dio unico e onnipotente, appunto Ahura Mazda.

Questa fu la religione di Ciro il Grande, di Serse e di Dario cioè dei conquistatori e regnanti dell’impero achemenide, esteso dall’Asia all’Africa e all’Europa dal VII al IV sec. a.C. Ed anche se non imposta alle popolazioni dominate, perché Ciro con accortezza e lungimiranza aveva lasciato libertà di culto, non fu scalfita dai conquistatori greci e fu professata, poi, sotto l’impero sasanide fino alla conquista araba del 642 d.C. e alla conseguente diffusione dell’Islam. Continue reading

IRAN, TANTA VOGLIA DI TORNARE IN UN PAESE SENZA CONFINI. APPUNTI DI VIAGGIO – SECONDA PARTE

di Roberta Merighi

«Cos’è che, del nostro paese, l’ha attirata a venire? Cos’è che l’ha colpita in questi suoi primi giorni in Iran? Ha trovato conferme su quello che si aspettava? Grazie per essere venuti».

La piazza Naqsh-e Jahan (Modello del Mondo) di Isfahan, dove ci troviamo, è bella da togliere il fiato: le botteghe su tutti i lati, le moschee, i palazzi, l’ingresso del bazar, le fontane, le vasche, i prati, i fiori… non sai dove fermare lo sguardo. Ma io sono con il fiato sospeso anche perché all’ingresso della moschea una troupe della televisione ha fermato e sta intervistando Giuseppe. Alla fine mi dirà che, tra le domande in farsi del giornalista tradotte in inglese dalla nostra accompagnatrice e le risposte nel “suo” (come dico io) inglese e riportate in farsi, non è ben sicuro di quel che verrà fuori. Ma è contento lo stesso, l’Iran continua a darci il suo caldo benvenuto! Continue reading

IRAN, TANTA VOGLIA DI TORNARE IN UN PAESE SENZA CONFINI APPUNTI DI VIAGGIO – PRIMA PARTE

di Roberta Merighi

“Amir!”… non siamo ancora saliti sul taxi, che alle 3 di notte ci porta dall’aeroporto a Tehran, dopo un volo disastroso, che il taxista ci presenta la sua famiglia e ci mostra, sullo smartphone, la fotografia di Amir, il suo bimbo più piccolo, e della moglie. Poi chiede di noi, da dove veniamo, e ci offre dei pistacchi, mentre scivola veloce fra le strade deserte e buie alla volta di Tehran.

Eccoci in Iran!

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NAVI, E SPERANZE, SENZA APPRODI

di Roberta Merighi

Il 13 maggio 1939 salpava dal porto di Amburgo la nave St. Louis, transatlantico battente bandiera tedesca, con a bordo 937 profughi di cui 930 ebrei. Le autorità tedesche avevano concesso loro di lasciare la Germania, dopo averne confiscato i beni. Partivano dotati di visto turistico per Cuba, per lasciarsi alle spalle le persecuzioni e l’incubo dei “campi”.

Ma Cuba, che nel frattempo aveva modificato le leggi sull’immigrazione non li accettò né come turisti né come rifugiati e solo pochi di loro, una trentina, ebbero il permesso di sbarco.

Il presidente cubano (Federico Laredo Brú) temeva che scoppiassero disordini se avesse accolto un così alto numero di persone che non avrebbero potuto provvedere a se stesse, nonostante le organizzazioni ebraiche americane offrissero di provvedere al loro sostentamento fino a quando avessero trovato una più stabile sistemazione. Continue reading