EDITORIALE – POLITICA, CULTURA E ANTICHE SACERDOTESSE

di Mattia Macchiavelli

«Dopo l’estate elimineremo le prime domeniche del mese gratuite nei musei […] andavano bene come lancio pubblicitario, ma se continuiamo così, a mio avviso andiamo in una direzione che non piace a nessuno. Per l’estate non cambia nulla, ma poi le cose cambieranno». Queste le parole di Alberto Bonisoli, attuale ministro per i beni e le attività culturali del Governo Conte.
Dichiarazioni a cui risponde, a stretto giro, il suo predecessore, Dario Franceschini: «In questi mesi ho scelto di non parlare del ministero che ho guidato per 4 anni e di non commentare le scelte e i programmi del mio successore. Ma questa volta non posso tacere perché le domeniche gratuite non sono una cosa che riguarda me ma un fatto culturale e sociale che ha coinvolto circa 10 milioni di persone dall’estate del 2014 a oggi, centinaia di migliaia da Sud a Nord ogni volta, gran parte delle quali è andata in un museo per la prima volta nella vita portandoci i figli o i nipoti».Lungi da me voler entrare in questo dibatto – essendo sprovvisto di solide conoscenze e della necessaria esperienza per poterne parlare – non posso però non rilevare quanto attuale sia, anche nella morsa dell’afa estiva, il tema della cultura e degli investimenti strategici che il nostro Paese decide di fare in essa.
I beni e le attività culturali, infatti, sono uno snodo identitario ed economico dirimente in Italia, rappresentando per la nazione tanto un patrimonio genetico inscritto nel nostro DNA collettivo, quanto un potenziale esplosivo per ciò che concerne l’economia e il turismo. Parlare di cultura, quindi, oggi significa anche parlare di politica di culturale, di visione progettuale e strategica e degli strumenti necessari per realizzarla.

È proprio alla politica culturale che abbiamo voluto dedicare l’Aperitivo a tema di Metro-Polis dello scorso maggio, dal titolo Progettare il futuro: la cultura come azione politica. Leggiamo, infatti, nell’articolo introduttivo a cura di Beatrice Collina:

«L’espressione “politica culturale” è molto evocativa, ma di difficile definizione. Le parole che la compongono ci forniscono tuttavia indizi importanti. Si potrebbe sostenere che l’obiettivo di una seria politica culturale consista nel delineare un progetto a medio-lungo termine, costruendo insieme una visione futura della comunità di cui facciamo parte (aspetto politico), ponendo al centro di questo processo le risorse culturali (nelle loro diverse forme) del nostro Paese e valorizzando le competenze e le eccellenze che in questo ambito operano. Un progetto dunque che resista ai frequenti cambiamenti politici e che crei opportunità di lavoro e di ricchezza diffusa (economica e non). Parole d’ordine: partecipazione, inclusione, futuro, opportunità».

Abbiamo voluto trattare questo tema con Roberto Grandi, presidente dell’Istituzione Bologna Musei e già nostro ospite in occasione di Una partita a scacchi. Come vincere o perdere le elezioni. Uno sguardo autorevole, quindi, capace di guidarci all’interno di ragionamenti non semplici ma dal fascino potente.

Sono stati diversi e fecondi i temi trattati, dalla visione della cultura di una città al turismo, dalla necessità di un piano integrato degli eventi culturali alla valorizzazione del territorio e delle sue specificità. È stata l’occasione per approfondire e discutere di musei, di teatro e di cultura enogastronomica, tutti elementi che contraddistinguono fortemente l’identità di Bologna. Abbiamo quindi ragionato sulla nostra città, con esempi concreti e dinamiche vive, attuali e presenti.

Due, in particolare, i temi toccati da Grandi che mi hanno colpito, soprattutto per la vicinanza ideale alla nostra associazione.

Innanzitutto l’esigenza in un policentrismo culturale e urbano: l’importanza dell’uscire dal centro della città, di andare nelle periferie e di prendere dalle periferie, creando una rete virtuosa di intrecci e collegamenti. In Metro-Polis abbiamo toccato con mano le esperienze di InStabile Portazza e Mastro Pilastro, vedendo con i nostri occhi quanta ricchezza ci sia fuori dalle porte che sorvegliano il centro di Bologna, quanta passione pronta a sbocciare, quante energie e idee da coltivare e far germogliare.

In secondo luogo, il tema della soglia. Grandi lo ha articolato in merito ai musei, all’entrata dei musei e alle difficoltà riscontrate nel renderla accogliente, appetibile, generosa nelle prospettive che ha da offrire. Mi pare che, quello della soglia, sia un tema comune a molte realtà culturali: la sfida della porta, lo scoglio dell’entrare, la misura del limite, sono tutte esperienze dirette con cui si misura chi decide di fare cultura. Pensare limite, allora, non è più un mero esercizio metafisico ma si trasforma in un ragionamento concreto sulle strutture, sui pubblici, sulle diverse possibilità di comunicazione; accettare il limite, comprenderlo, significa farne parte per cercare di disinnescarne i connotati negativi dall’interno.

Ecco, allora, che anche noi di Metro-Polis ci riconosciamo come operatori e operatrici del limite: abbiamo scelto di stare sulla soglia, di occuparla per tenere sempre aperte le nostre porte. Un’apertura fisica, un’apertura associativa, un’apertura di idee: come antiche sacerdotesse, vegliamo l’entrata del nostro tempio, affinché un’aria sempre fresca possa ossigenare le nostre fondamenta.

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