Viaggio in Palestina

‹‹Viaggio in Palestina›› è il titolo che abbiamo deciso di dare all’Aperitivo a Tema di Metro-Polis svoltosi il 27/06/2014 presso il suggestivo Parco dei Giardini Ca’Bura, via dell’Arcoveggio 59/8, Bologna. In questa occasione Handala, nostro socio della prima ora, neolaureato in scienze politiche, ci ha concesso l’opportunità di attingere a piene mani dalla propria esperienza di volontario in terra palestinese.
Metro-Polis non si sottrae, anche in questi tempi di desertificazione ideologica, al proprio dovere civico fondamentale: fare politica, nell’ottica della nostra associazione, significa stimolare la coscienza critica di ciascuno, significa elaborare insieme un vissuto esperenziale in grado di ampliare i propri orizzonti di pensiero; significa, perché no, avviare un confronto-scontro in cui ogni persona possa esprimere il proprio modo di essere e di sentire. La formula, ormai consolidata, dell’Aperitivo a tema permette di poter trattare tematiche non semplici in un’atmosfera priva di perniciose ampollosità da conferenza: il valore della leggerezza offre l’opportunità di toccare l’intimo di chiunque sia disposto ad ascoltare, in una prospettiva di totale orizzontalità partecipativa. È in virtù di questa prospettiva che abbiamo chiesto a Handala di raccontarci la propria esperienza: più volte volontario in Palestina con l’International Solidarity Movement, si è aperto a un dialogo rispettoso e profondo con Metro-Polis, condividendo il proprio vissuto personale, raccontandoci quanto gli è accaduto con parole rigorose e al contempo intime. Ogni mio resoconto risulterebbe banale, quindi mi taccio e faccio un passo indietro: Handala ci ha gentilmente concesso di ripubblicare alcuni articoli, scritti nel 2012 e ancora di straordinaria attualità, già pubblicati su Il Manifesto di Bologna, all’interno del blog di Metro-Polis. Mi pare importante lasciare spazio a parole autentiche, in cui trabocca un’esperienza viva, realmente patita e scevra dall’apriorismo della distanza. Pubblicheremo, quindi, otto articoli di Handala, uno al mese, volendo dare continuità e risalto a un tema di così drammatica attualità, scegliendo un punto di vista preciso e interno, con la speranza di stimolare un dialogo costruttivo con chi dovesse pensarla in maniera differente.
Al termine dell’articolo di Handala troverete una bibliografia essenziale sull’argomento (romanzi, saggi, poesie, film, documentari e siti internet) redatta dallo stesso e da Roberta Merighi, nostra affezionata socia: un grazie ad entrambi per la disponibilità e la collaborazione.

Mattia Macchiavelli

Viaggio in Palestina

OLIVE IN FIAMME

Il 6 Novembre è stata annunciata la costruzione di 1213 unità abitative nelle colonie di Gerusalemme Est, occupata dal 1967: è stato questo il messaggio che Israele ha inviato agli Stati Uniti in vista delle elezioni presidenziali. Secondo Richard Falk, il Rapporteur per i diritti umani nei Territori occupati, oggi in Cisgiordania si contano più di 600.000 coloni: ecco il famoso processo di pace di Netanyahu e soci. Questi sono i dati. Ma i dati, di per sé, non parlano. Voglio provare a raccontare come questi numeri si traducano nella lingua viva di chi sta qui, in Palestina.

Burin è un villaggio palestinese a sud di Nablus (la città più popolosa della Cisgiordania). Da qualche settimana andiamo a raccogliere le olive da alcuni contadini. Diamo loro una mano, ma in realtà la nostra funzione principale è quella di tentare di impedire gli attacchi dei coloni e dell’esercito. Il villaggio è in una piccola vallata schiacciata tra due colline, sulle quali salgono i terrazzamenti degli ulivi. In cima ad ognuna di queste colline, una colonia e un avamposto militare: Bracha a nord, Yizhar a sud.

I contadini tentano di fare ciò che facevano i loro padri e i padri dei loro padri prima di loro: curare i loro alberi, raccoglierne i frutti verdi e neri, farne olio. Non mi viene in mente azione più innocua, persino romantica per noi cittadini urbanizzati. Se non fosse che per i coloni che vivono poco distanti quella è terra di Israele, promessa dalla Bibbia, rubata dagli Arabi, e loro dovere è riconquistarla ad ogni costo, con ogni mezzo. Nè più, nè meno.

Continue reading

Il libro che mi ha cambiato la vita

Immagine 1‹‹Quando leggiamo, ci portiamo dietro le nostre origini:queste origini danno un valore, una cadenza, aggiungono un significato. È giusto che sia così: un libro non è soltanto i significati che comunica, ma i significati che vi aggiungiamo, garantiti, se non dalla correttezza intellettuale, dall’intensità del sentimento, dell’emozione, dell’affetto.

Il libro vero, quello con cui si dialoga più volte, al quale si ritorna, non conferma delle verità, ne offre di nuove, purché ci sia da parte nostra fedeltà e non conformismo, e resti viva la curiosità, il desiderio di ascoltare qualcuno che parla del nostro presente, al momento giusto. Perché il libro vero parla sempre al momento giusto: lo inventa lui, il momento giusto: con il colore della parola, con la singolarità della battuta, con il piacere della scrittura. Un libro vero va amato: lo si rilegge come si fa visita a un amico, ricordando insieme il passato e, nel ricordo del passato, celebrando il rapporto vivo col presente››.1

Con le parole di Ezio Raimondi2, Rosalba Granata e Daniela Zani3 hanno introdotto l’aperitivo a tema di Metro-Polis del 16/04/2014, svoltosi presso il Centro Sociale Anziani Giorgio Costa (Quartiere Porto – Bologna), e avente per titolo: Il libro che mi ha cambiato la vita.

Continue reading

L’amore non basta: Il metodo delle costellazioni famigliari

‹‹L’amore non basta››: questo il suggestivo titolo dell’Aperitivo a Tema di Metro-Polis svoltosi il 29/03/2014 presso la Sala Civica “Il Cubo” (Quartiere Navile – Bologna). È stata nostra ospite Daniela Iacchelli , psicologa e psicoterapeuta, la quale ci ha presentato il metodo psicoterapeutico delle Costellazioni Familiari .
Tale approccio venne teorizzato, a partire dal 1980 e successivamente rielaborato nel corso della propria vita, da Bert HellingerBert Hellinger : psicologo e scrittore tedesco, studioso di teologia e pedagogia ed ex sacerdote presso un ordine religioso cattolico. Hellinger si avvicina alla psicoanalisi nel 1969, tornato a Vienna dopo aver abbandonato il sacerdozio: entra in analisi e legge integralmente l’opera di Sigmund Freud. Importante, nella formazione di questo autore, sarà proprio il distacco dalla comunità psicoanalitica viennese: un allontanamento fisico e concettuale che gli permetterà di aprirsi e di rendersi disponibile all’incontro con molteplici e variegate realtà teorico-terapeutiche .

Il metodo delle Costellazioni Familiari è un approccio sistemico e, come tale, poggia sull’assunzione teorica per cui ogni nucleo familiare (passato o attuale) sia necessariamente un sistema in grado di informare l’individuo circa le proprie dinamiche interne. Ognuno di noi, quindi, non solo vive e agisce all’interno di un sistema familiare, ma ne è intimamente condizionato: possiamo farci carico, inconsciamente, di esperienze inerenti a dinamiche familiari passate, vivendo un destino che non ci appartiene; oppure possiamo non aver accettato e rielaborato lutti, abbandoni, situazioni difficili da digerire o, ancora, molto più semplicemente, abbiamo difficoltà a rendere intelligibili alcune dinamiche relazionali agite all’interno del sistema-famiglia. Continue reading

‘In the room’ di Francesca Cesari

‹‹La dimensione appartata e silenziosa del luogo in cui una madre addormenta il bambino attraverso l’allattamento al seno››[1] è quello spazio intimo e universale in cui ci ha condotto Francesca Cesari[2], ospite di uno degli ultimi Aperitivi a Tema di Metro-Polis.
Immagine1
La dinamica che s’instaura tra madre e figlio sostanzia un luogo che è al contempo alterità insopprimibile e domestica prossimità: un nodo che “In the room”[3] non pretende di sciogliere, bensì di cogliere in tutta la sua dirompente autenticità. Una dimensione quasi metafisica, quindi, che respira di quell’anelito alla sacralità tipico di alcune rappresentazioni pittoriche; eppure una dimensione che qualifica una realtà autenticamente intima, sfuggevole ad ogni definizione, esclusiva. Al di la di ogni irrigidita sostanza, questi scatti catturano la natura di un rapporto, di un dialogo a due che vive del silenzio dell’abbandono: un sentirsi, quello tra madre e figlio, ogni volta differente, mutevole per ogni coppia di soggetti, frutto di dinamismi che possiamo sbirciare ma che non possiamo rendere completamente intelligibili. Come per i limoni di Montale[4], ci è concesso giusto rubare un qualche istante di questo esclusivo rapporto, dobbiamo saziarci del giallo odore di un frutto che in nessun caso possiamo veramente afferrare: come bambini non abbiamo ricordo nitido di questa dimensione, come madri non la possiamo spiegare; meraviglioso paradosso. Continue reading

Metro-Polis

Metro-Polis.

Questo editoriale introduttivo potrebbe concludersi qui: in una sintetica e limpida formula, nel nome della nostra associazione; un nome in cui stanno racchiuse sopite speranze, meraviglie realizzate e da realizzare, realtà curiose ed eterogenei dinamismi. Scrivo, dunque, per introdurre e spiegare, ma ogni mia parola risulterà superflua e poco o nulla potrà aggiungere a ciò che con il nome ‹‹Metro-Polis›› si è voluto realizzare.

Quando Irene[1] mi ha chiesto di scrivere un articolo di apertura per questo blog, alla luce del mio ruolo all’interno dell’associazione, la mia prima reazione, viscerale e spontanea, si è concretizzata in un immediato “Sì, certamente!”. Oltre al sentirmi onorato e decisamente emozionato, mi è parsa subito una proposta lucida e razionale: ha senso che sia la figura del Presidente a dare il benvenuto. I dubbi e le remore hanno bussato alla mia porta in un secondo momento, poco prima di cominciare a scrivere: sarò all’altezza? Non sembrerò un Narciso? Saprò rendere giustizia all’impegno che altri hanno profuso nella realizzazione di tutto questo? Decido di lasciare silenti questi interrogativi, che pur rimbombano nella mia incertezza, e decido di scrivere non di Metro-Polis, ma per Metro-Polis.
La carica di Presidente è un ruolo che ho accettato senza riserve ma che, inizialmente, volevo ricoprisse Rosalba[2]: lei è stata la Prima Madre[3] di Metro-Polis, a lei è venuta l’idea di fondare un’associazione, idea che poi ha esposto a me e a Beatrice[4]. Quando, parlando insieme della presidenza, si è proposto il suo nome, la risposta di Rosalba è stata (cito a memoria quindi le parole forse non sono esattamente le stesse, ma il loro senso si è ben scolpito in me): “Vogliamo fare un’associazione nuova e poi ci mettiamo come Presidente una sessantenne? No. Sono onorata e ne sarei contentissima ma no. Dobbiamo dare un altro esempio”. Metro-Polis è questo esempio. La mia presidenza, così come quelle future, mettono radici in questo gesto: non utopistiche professioni di principio o sterili avanguardismi, ma un no elegante e significativo; un no il più distante possibile da ogni chiusura, vergine testimonianza di coerenza personale e intellettuale. Continue reading