di Rosalba Granata

Anonimo fiorentino, Il naufragio della nave di Ulisse, fine 1300 circa.
Pietà. Disprezzo. Indignazione. Rispetto. Sono diversi i sentimenti che prova Dante negli incontri con i dannati.
Per esempio nei confronti degli ignavi mostra assoluta ripugnanza mentre si sente coinvolto fino alle lacrime dal discorso di Francesca. Quando si trova davanti alla fiamma che racchiude Ulisse in Dante prevalgono curiosità e interesse uniti a rispetto. Si ferma davanti a lui e, attraverso Virgilio, gli chiede della sua ultima avventura.
Ulisse inizia a parlare e il suo discorso ci tocca profondamente.
Nemmeno gli affetti più cari per il figlio Telemaco, per la moglie, Penelope, per il vecchio padre riuscirono a tenerlo ad Itaca. Il desiderio di conoscere lo spinse ancora una volta per l’alto mare aperto.
Né dolcezza di figlio, né la pièta
del vecchio padre, né il debito amore
lo qual dovea Penelopé far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto,
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
(Inferno, Canto XXVI) Continue reading


Argomento della puntata era Il Cavallo di Troia, episodio conclusivo della guerra di Troia e dell’Iliade di Omero. Inevitabilmente il discorso si è incentrato sul personaggio che aveva partorito l’inganno del cavallo, ossia Ulisse, che diventa poi il protagonista dell’Odissea. Ulisse è così riemerso alla nostra memoria, attraverso le parole dello storico intervistato, nelle sue caratteristiche: uomo scaltro e menzognero che durante la guerra ricorre più volte all’inganno, e che nella lunga strada intrapresa per ritornare a Itaca incontra ostacoli e affronta pericoli e tentazioni che supera non solo con l’aiuto di divinità contro altre divinità a lui avverse, ma con la stessa furbizia e astuzia che già gli avevamo visto usare per sconfiggere Troia. L’Ulisse omerico è quindi anche uomo di ingegno, dotato di quella creatività atta, come direbbe oggi la psicologia, al problem solving, ma anche uomo coraggioso, sorretto dall’intento di far ritorno all’amata Itaca, all’amata Penelope e al figlio Telemaco. 